È vittima innocente della camorra ma lo Stato non lo riconosce

È vittima innocente della camorra ma lo Stato non lo riconosce
Martedì 15 Marzo 2016, 20:07
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Una sentenza definitiva della magistratura lo ha riconosciuto come «vittima innocente della camorra», ma per «un'altra parte» dello Stato, quella rappresentata dal Ministero dell'Interno e dal suo ufficio sul territorio, la Prefettura, Genovese Pagliuca, garzone di macelleria ucciso a Teverola nel gennaio del 1994 da un commando di killer formato anche da Giuseppe Setola, continua a non essere meritevole di riconoscimento dello status di vittima, che darebbe ai genitori ormai 80enni, la possibilità di accedere ad una giusto risarcimento.

Un corto circuito burocratico o una vera e propria «strategia politica di chiusura verso le vittime dei clan»? «Probabilmente entrambi - dice l' avvocato della famiglia Pagliuca Giovanni Zara, legale della Fai - visto che il Viminale ha respinto la domanda di riconoscimento "vittime di mafia" previsto dalla legge 302 del 1990 sulla base del parere negativo della prefettura di Caserta, che ha eccepito l'esistenza di informative di polizia in cui si dice che Pagliuca era amico di un soggetto che aveva legami con il boss. Ma tali informative sono finite nel processo a carico di killer e mandanti dell' omicidio, sono state vagliate dalla Corte d'Assise, da quella d'Appello e dalla Cassazione che, nel 2009, ha confermato definitivamente le condanne. Sono dunque cose vecchie, che si scontrano con una sentenza definitiva. Peraltro contro la decisione ho presentato ricorso amministrativo al Ministero».

Per l' avvocato Zara «sembra ci sia una minore attenzione nel valutare le vittime di mafia rispetto a qualche anno fa; nel 2008 la domanda veniva decisa dalla prefettura di Caserta in sei-sette mesi, per Pagliuca abbiamo atteso oltre un anno.
Anche domande presentate da altri legali hanno avuto tempi ed esiti simili». Uno dei motivi della «chiusura» verso le vittime dei clan potrebbe essere la circostanza emersa nei mesi scorsi quando più di un'indagine della Dda di Napoli ha svelato il tentativo di qualche imprenditore da sempre vicino al clan dei Casalesi di rifarsi una verginità legandosi ad associazioni antiracket e denunciando i boss in carcere, pur restando in effetti a disposizione della cosca. «Potrebbe essere una chiave di lettura - afferma Zara - ma sarebbe sbagliata perché non fa alcuna distinzione tra fatti assolutamente diversi. Pagliuca non era un imprenditore che ha provato a fare il furbo, ma un ragazzo coraggioso che fu ucciso per difendere la sua fidanzata dalle avances omosessuali dell'allora amante del boss Francesco Bidognetti, che è stata anche condannata» conclude il legale.
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