Casalesi, confessione del pentito
«Un piano per uccidere il sindaco»

Casalesi, confessione del pentito «Un piano per uccidere il sindaco»
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 18:11 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 00:08
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Nell'aprile del 2009 il boss dei Casalesi Michele Zagaria ordinò ai suoi uomini di eliminare attraverso un «finto incidente stradale» Giovanni Zara, ex sindaco fino a poche settimane prima di Casapesenna (Caserta),
paese natale del capoclan e luogo in cui questi ha trascorso gran parte della sua lunga latitanza, fino al giorno
dell'arresto nel dicembre 2011. A raccontare del progetto, che non fu portato a termine, ma che si concretizzò anche in un sopralluogo fatto dai killer presso l'abitazione di Zara, è Michele Barone, fedelissimo del boss oggi collaboratore di giustizia.

Il suo verbale di interrogatorio è stato depositato dai pm della Dda di Napoli al processo in corso nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in cui sono imputati per violenza privata con l'aggravante mafiosa il capoclan Michele Zagaria e il suo omonimo Fortunato Zagaria, altro ex sindaco di Casapesenna per due mandati - che risponde anche di concorso esterno in camorra - ritenuto dagli inquirenti e da molti pentiti agli ordini del boss. Persona offesa e parte civile nel processo è proprio Giovanni Zara, in carica come sindaco per pochi mesi tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, sfiduciato dalla propria stessa maggioranza perché era contro il clan; in quei mesi suo
vice-sindaco fu Fortunato Zagaria, che pensava di poter controllare Zara e piegarlo ai voleri della cosca.

Barone conferma che «Fortunato Zagaria era il rappresentante di Michele Zagaria presso il Comune di Casapesenna; egli era il semplice sindaco del Comune, ma tutte le decisioni più importanti venivano prese dall'ex primula rossa del clan dei Casalesi. Tutti i sindaci di Casapesenna erano espressione di Michele Zagaria, che decideva con quali voti doveva essere eletto; un solo sindaco fa eccezione, non nell'elezione bensì
nell'attuazione delle direttive di Michele Zagaria, parlo di Giovanni Zara». La sicurezza del clan di poter gestire il Comune a proprio piacimento a prescindere dagli stessi sindaci, come era accaduto per anni, aveva dunque fatto confluire i voti su Zara, senza però che fosse preventivamente cercato un contatto o un accordo con quest'ultimo; i calcoli si rivelarono però errati, perché Zara, emerge dalla parole di Barone, «una volta eletto cominciò a non essere più fedele esecutore delle direttive di Michele Zagaria, per cui doveva essere punito».

Il pentito parla del progetto di colpire Zara, che «mi fu commissionato da Zagaria tramite Salvatore Nobis» (altro
fedelissimo del boss, ndr), di come i suoi uomini pedinarono l'ex sindaco per giorni, fino alla sua abitazione; il progetto naufragò dopo che l'ex sindaco, probabilmente durante un comizio per le elezioni convocate dopo la sua caduta, fece alcune dichiarazioni contro alcuni consiglieri comunali che lo avevano sfiduciato, tanto «da divenire noto alle cronache di stampa - spiega Barone - sicchè divenne impossibile fare tale azione perché la stessa sarebbe stata immediatamente ricondotta a noi». In una precedente udienza del processo, un funzionario della Dia aveva rivelato «che l'ex sindaco Zara era in grave pericolo di vita tra il 2008 e il 2009».
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