Assenteisti in ospedale:
«Non c’è stata associazione»

Assenteismo in ospedale «Non c’è stata associazione»
Assenteismo in ospedale «Non c’è stata associazione»
di Mary Liguori
Giovedì 18 Aprile 2019, 16:48 - Ultimo agg. 16:56
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Cade l’accusa di associazione per delinquere, ma resta in piedi l’ipotesi di truffa e la falsa attestazione in merito all’utilizzo di badge. È l’esito della prima giornata di Riesame per l’inchiesta sui presunti furbetti del cartellino dell’ospedale San Rocco di Sessa Aurunca. 

Il tribunale ieri ha infatti annullato l’obbligo di firma per una delle principali indagate, Francesca Macrì, ma solo in merito al capo dell’associazione. Dirigente medico anestesista, difesa dall’avvocato Camillo Irace, secondo la Procura si accordava con gli altri medici del reparto per «truffare» l’Asl per la «girandola» del badge.

La XII sezione del tribunale del Riesame di Napoli ha revocato sul punto la misura, ritenendo dunque che non ci fosse accordo tra i professionisti. Ieri si sono discusse anche le posizioni del medico Domenico Perretta, difeso dall’avvocato Domenico Schiavo, e di Elio Gaetano Avagliano, dirigente del 118, rappresentato dal penalista Gianluca Di Matteo. La posizione principale, quella del primario di Anestesia, il medico casertano Ferdinando Pasquariello, sarà discussa domani dal suo avvocato, Gennaro Iannotti, così come quella della pediatra Martina Battaglia, rappresentata dal penalista Carlo De Stavola. Sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e costretti a firmare in caserma sia quando vanno al lavoro sia quando non ci vanno, chiedono tutti la revoca della misura e sosterranno, quasi tutti, una comune linea difensiva. Agli atti del gip che ha spiccato l’ordinanza si fa riferimento a un danno economico di poco superiore ai 21mila euro e a una contestazione che gli indagati, tra i quali sei medici, diversi infermieri e addetti al settore amministrativo, respingono. Perché, al netto della questione del licenziamento annunciato dal direttore dell’Asl, rispetto al quale deve svilupparsi l’iter disciplinare, la posizione dei 18 destinatari della misura, spiegano alcuni dei penalisti impegnati nel collegio difensivo, va chiarita anche sotto tutti gli aspetti. La legge non fa distinzione tra l’assenza truffaldina dal lavoro che provoca il solo danno economico e la «furbata» che invece va anche a danno della collettività, in questo caso i pazienti di un ospedale. Le contestazioni relative alle assenze sospette e le strisciate di badge per conto terzi, non sarebbero relative ai turni in corsia, ma alla formazione obbligatoria retribuita che gli indagati svolgevano in ospedale. Chiariscono, alcuni degli indagati, che mai il reparto è stato lasciato scoperto e respingono l’accusa di avere ricevuto denaro pubblico non dovuto. Ma l’accusa ha dalla sua i filmati dalle telecamere nascoste: alcuni sono stati ripresi mentre marcano il badge al posto loro. È la prova regina dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Anna Ida Capone del pool dell’aggiunto Antonio D’Amato. Prova rispetto alla quale la difesa tenterà di dimostrare una versione diversa. Intanto l’ospedale resta sotto sequestro. 
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