Effetto Covid alla Santella
dalla movida all'abbandono

Effetto Covid alla Santella dalla movida all'abbandono
di Franco Tontoli
Venerdì 26 Febbraio 2021, 13:00
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Desertificata dalle attività di vita commerciale delle ore diurne e serali, votata a quelle della movida notturna, baretti e vinerie e stuzzicherei e birrerie per una identità forzata, certamente non programmata ma gemmata nella stagione delle mode, folla di avventori al primo localino e via a cascata.

La Santella, oggi e da un anno in qua che è tempo di pandemia, mette ancora più tristezza per le condizioni in cui è ridotta la «Y» che rappresenta il disegno delle due stradine che dopo il corto segmento dall'angolo di via Gasparri con piazza Gramsci, la Reggia è a un passo, si diparte a destra in via Mazzocchi e a sinistra in via Ferrante, entrambe sfociano in via Mazzini, quindi siamo in pieno centro cittadino.

E fa ancora più male patire la vergogna dell'abbandono, del disinteresse, della mancanza assoluta di cura dedicata a questo grumo della città che ne costituisce l'urbanistica più antica, caseggiati a un piano i cui primi si dicono costruiti dalle stesse maestranze che provvedevano, a partire dal 1752, alla costruzione della reggia commissionata da Carlo III a Luigi Vanvitelli.

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L'architetto vi abitò e vi morì nel palazzotto di destra nel segmento della «Y», era a cavallo col corso Trieste su cui si affacciava, poi risultando compreso nel cortile interno del palazzo ottocentesco che si «osò» fregiare di una lapide ricordo era il 1879, nello stesso giorno in cui fu inaugurata la statua di piazza Vanvitelli da qualche mese, dopo 141 anni esatti, malamente e abusivamente ricoperta nella indifferenza della Soprintendenza, del Comune e della Società di Storia Patria sempre così vigile, per rimandare a una targa marmorea «riparatrice della verità» apposta davanti a un palazzotto rimodernato sulle fondamenta della casa dell'architetto.

Sollecitudine immediata a realizzare il minuscolo quanto inutile arredo, perenne noncuranza e perdurante sciatteria nel lasciare le strade del piccolo quartiere in un vergognoso e pericoloso abbandono. Le due strade sono caratterizzate da un basolato lavico traballante, avvallamenti a ogni metro, autentiche tinozze per la raccolta delle acque piovane. Negli ultimi anni alcuni dei palazzotti, soprattutto su via Mazzocchi, sono stati restaurati, apprezzabile iniziativa dei privati proprietari, ma di attuazione dei tanto conclamati piani di recupero, per una organicità degli interventi, nemmeno a parlare. La Santella pullulava di vita fino agli anni Novanta, bottegucce artigiane, sarti e barbieri, salumerie, pizzicagnoli, la vecchia trattoria «Ccà sta Michele» poi trasferita in via Gasparri con altro nome, Sira la regina della pasta fresca, due squillanti negozi di frutta: questa la zona della «Forcella» casertana senza le caratteristiche, meno male, di quella napoletana.

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Tutto scomparso per far posto a un'infilata di baretti dispensatori di alcolici che sono stati il carburante del motore della movida notturna fin quando si è potuto, un motore di economia anche questo ma con effetti sopportati dagli abitanti e sofferti sulla salute per mancanza di riposo notturno. Nell'ultimo paio d'anni, la Santella deserta di giorno e affollata di notte, quindi. Oggi deserta sempre, due sole trattorie quando possono lavorare e il tappeto delle due strade sconnesso, lasciate al progressivo deterioramento anche quando la Reggia affollata di visitatori lasciava partire qualche scheggia di forestiero che metteva piede nel centro cittadino. C'era da incentivare esercizi di ristorazione non solto dispensatori di aperitivi al chiaro di luna, localini di caratteristica intimità come l'indimenticabile «Scwartze katze», che facevano del quartiere una sorta di Trastevere casertana che amministrazioni insipienti hanno condannato alla scomparsa.

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