Bidognetti: «Strangolammo Scamperti
in 4 con una corda da muratori»

Bidognetti: «Strangolammo Scamperti in 4 con una corda da muratori»
Marilu Mustodi Marilù Musto
Domenica 6 Febbraio 2022, 11:47 - Ultimo agg. 7 Febbraio, 09:44
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«Quando entrai nel cortile, Maurizio Scamperti mi dava l'impressione di essere ancora vivo. Lo stavano uccidendo in quattro con una corda utilizzata dai muratori. Io salii con i piedi sulla pancia di Scamperti, mentre gli altri tiravano la corda e lo tenevano fermo». È la descrizione di una tribù che infierisce su un moribondo. Il racconto viene fatto da Raffaele Bidognetti. Nel 1995, anno dell'uccisione di Ubaldo Scamperti e del nipote Maurizio per mano della platea dei Casalesi, Raffaele aveva solo 21 anni, ma era il figlio di un boss, Francesco detto «Cicciotto e mezzanotte» e come tale doveva dimostrare di essere un discendente degno dei Bidognetti. Ma ora, disconosce il clan e accusa il fratello Aniello.


La storia viene a galla dopo quasi 30 anni, perché sono stati depositati i racconti del rampollo del boss nel processo in cui è imputato proprio Aniello Bidognetti con Sabastiano Panaro e Giuseppe Papa. Dopo la condanna dei tre, la corte di Cassazione ha rimesso tutto in discussione e, per questo, la prima sezione della corte di Assise di Appello di Napoli è impegnata a leggere, in questi giorni, i verbali di Raffaele Bidognetti e di Nicola Panaro (54 anni) a corredo delle prove della Procura di Napoli (dda).

Un evento processuale eccezionale, che si realizza in poche occasioni. Nel 1995 i morti e i feriti si contavano a decine, ma questo cadavere del giovane Scamperti, oggi, appare diverso. Non fosse altro per il fatto che ha «generato» nuovi eventi, nomi. Come quello di Cristofaro dell'Aversana che, stando al racconto, ricevette «l'incarico di uccidere lo zio Ubaldo da Sebastiano Panaro». E infatti, nello stesso giorno dell'estate del 1995, venne ammazzato prima Ubaldo Scamperti a Bellona e poi Maurizio, attirato in una trappola a casa di Luigi Diana.

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Erano gli ultimi colpi di coda del clan, prima che nel 1996 fosse catturato il killer Dario De Simone a Trentola Ducenta e iniziasse a collaborare con la giustizia. L'estate prima, calda e confusa, il gruppo Schiavone e Bidognetti decise di chiudere i conti: «Ubaldo Scamperti viveva a Marano, ma era originario di Casale - spiega Panaro - ed era contiguo ai Nuvoletta. Durante la lotta con i Venosa gli venne detto che poteva tornare a Casal di Principe, Luigi Venosa aveva ucciso alcuni familiari di Scamperti, pertanto il boss del gruppo Nuvoletta accettò di tornare a Casale per vendicarsi. Il realtà il fine era quello di uccidere Ubaldo. I mandanti furono Walter Schiavone, Antonio Abbate «Caiazziello» di Pignataro Maggiore e Domenico Bidognetti. Quest'ultimo si prese anche l'incarico di uccidere Maurizio».

«Entrando nel cortile con Pasquale Apicella detto bell'ommo vidi gli affiliati stringere la fune al collo di Maurizio Scamperti, Luigi Diana manteneva la vittima, mio fratello Aniello cercava di tener fermo Maurizio e Salvatore Cantiello aiutava a tirare la corda - racconta Bidognetti - accertati che Scamperti fosse morto, lo caricammo a bordo della Opel station wagon di Luigi Diana. Ora ricordo che era presente anche Raffaele Maccariello. Ci recammo nella masseria di Luigi Bifulco. Prendemmo il cadavere e lo appoggiammo in un campo di grano, poi Cantiello esplose cinque colpi per assicurarsi che Maurizio morisse. Io e mio fratello andammo di nuovo a casa di Diana dove era avvenuto lo strangolamento, lì c'era la Panda di Maurizio. Portammo la Panda nei pressi della stazione di Villa Literno dopo averla ripulita dalle impronte. Infine, io e Maccariello ce ne siamo andati via con l'Alfa 33». Ma che fine fece il cadavere? «Salvatore Cantiello e Apicella hanno poi nascosto il cadavere in un chiusino dove scorrono le acque che portano verso la vasca di depurazione di Villa Literno. Ho poi saputo che il corpo fu ritrovato 10 giorni dopo. Ho subito un processo per questo e sono stato assolto in primo e secondo grado». Scampata la condanna per Raffaele, ora il processo riguarda il fratello Aniello. E così, la famiglia Bidognetti va in mille pezzi. Con uno dei figli del boss pentito e gli altri in lite con la seconda moglie di Bidognetti, Anna Carrino. 
 

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