Bobb, dalle sevizie in Libia
all'inferno Gricignano di Aversa

Bobb, dalle sevizie in Libia all'inferno Gricignano di Aversa
di Gigi Di Fiore
Martedì 14 Novembre 2017, 11:18 - Ultimo agg. 15:57
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Viene tenuto in coma farmacologico. Da venerdì notte, Bobb Aliegee si nutre attraverso macchinari sanitari ed ha il volto coperto da garze e fasciature. Nella divisione di Rianimazione dell'ospedale Cardarelli di Napoli, aspetteranno ancora qualche giorno per verificare se è possibile l'intervento chirurgico. Il proiettile, entrato dalla bocca, si è fermato a pochi millimetri dal midollo spinale. Uno spostamento potrebbe lesionare qualche nervo, con il rischio di lasciare paralizzato il diciannovenne del Gambia.

I suoi avvocati, Hilarry Sedu, nigeriano d'origine laureato a Napoli e specializzato in diritto dell'immigrazione, e Antonella Marfella, chiedono rassicurazioni ai medici. Aliegee è la vittima del cruento episodio di venerdì notte al Centro di accoglienza di Gricignano, chiuso da domenica. Carmine Della Gatta, l'imprenditore 43 enne amministratore della cooperativa Prometeo che forniva i pasti al Centro, gli ha sparato due colpi di pistola. Uno lo ha colto in bocca. Della Gatta si è costituito dopo poche ore ed è stato subito messo agli arresti domiciliari dal pm Rossana Esposito della Procura di Napoli nord. Dopo l'udienza di convalida, però, il gip Fabrizia Finamore ha accolto la nuova richiesta della Procura e «per la gravità del fatto» ha disposto il trasferimento di Della Gatta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere con l'accusa, confermata, di tentato omicidio. Della Gatta, difeso dall'avvocato Giovanni Cantelli, ha sostenuto di essersi difeso da un'aggressione, temendo di essere assalito anche dagli amici del giovane immigrato. Ma il gip non ha creduto, anche sulla base di alcune testimonianze, a questa versione.
Dalla speranza al pericolo di restare con gravi e irreparabili menomazioni. Bobb Aliegee avrà bisogno di ricostruzioni maxillo-facciali e di un delicato, quanto pericoloso, intervento chirurgico per estrarre il proiettile. Gli fa visita il suo amico Teoré Mamadu Imadi, che racconta una storia drammatica: «Non è vero che aveva incendiato la sua stanza, protestava da giorni perché chiedeva un medico, degli accertamenti. Non stava bene».

Aveva dolori, Bobb. Dolori e sofferenze fisiche che, nonostante la sua giovane età, erano retaggio del viaggio della speranza verso l'Europa che gli ha lasciato in eredità duri segni nella mente e nel corpo. La sua famiglia gli aveva racimolato i soldi necessari, da consegnare ai signori dei viaggi. I ras del traffico di essere umani dall'Africa alle coste europee. Dal Gambia, via terra, in Libia. E lì, come ha raccontato al suo amico, è stato venduto da un gruppo ad un altro. È rimasto a lungo in uno dei campi libici, dove gli chiedevano più denaro per essere incluso nel gruppo di chi sarebbe stato imbarcato per primo sui gommoni per l'Italia. Lo picchiarono, lo torturarono. Lì conobbe Teorè Mamadu Imadi. Lì la loro amicizia è diventata forte, nella condivisione di un'atrocità che pochi raccontano.
Poi, finalmente, il viaggio in mare, con il corpo pieno di lussazioni, ferite e una frattura alla spalla appena sanata, ma male. Bobb parla l'inglese e il wolof, la lingua che conoscono in Gambia, come in Senegal, o nella Guinea e nel Mali. La traversata in direzione di Lampedusa fu un'altra scommessa. Alcuni compagni di quel viaggio, nell'estate del 2016, morirono. Poi, l'arrivo a Lampedusa e l'odissea in più centri di accoglienza. Con Bobb, è rimasto sempre Teoré in contatto vie telefono con altri amici che in Italia c'erano già arrivati prima di loro.

Poi l'arrivo al Centro di Gricignano, dove venne formalizzata una richiesta di asilo. Venerdì, Bobb era ancora in attesa di essere convocato dalla Prefettura di Caserta, per l'istruttoria legata alla sua richiesta. Ma quei dolori lancinanti, l'ansia e le immagini delle torture in Libia lo hanno accompagnato soprattutto nelle ultime settimane. Unico sollievo era giocare a calcio. Sperava di diventare un calciatore, anche se a 19 anni è troppo tardi per iniziare a far parte di una vera squadra. Un po' d'italiano è riuscito a impararlo, ma non lo parla bene. Dice il suo avvocato Hilarry Sedu: «Nel Centro non si sono visti mediatori culturali, non si facevano con regolarità i corsi di italiano come prevede la legge. Ma lui non ha mai fatto i gesti negativi che ho letto. Mai distrutto oggetti, o danneggiato luoghi. Ha solo protestato con forza, chiedendo assistenza medica. Non stava bene, Bobb, ma nessuno gli credeva».

 

Negli ultimi giorni, gli hanno sentito urlare e continuare a chiedere: «Voglio tornare nel mio Paese. Avvertite il prefetto di avviare il mio rimpatrio. Voglio morire in Gambia, sto male». L'ultima volta, l'aveva urlato nel pomeriggio di venerdì anche a Carmine Della Gatta. Poi, la tragedia. E ora i difensori di Bobb dicono di aver raccolto una cinquantina di testimonianze tra gli ospiti del Centro di Gricignano disposti a spiegare come si comportava il ragazzo e cosa chiedeva realmente. La revoca, già disposta, dei diritti di accoglienza già disposta dalla Prefettura, di cui si è parlato? «Non ci risulta» dice Antonella Marfella, che assiste il giovane immigrato con il collega Sadu, che a sua volta aggiunge: «In queste ore, si è scatenata una gara di solidarietà su Bobb. Molti ci chiedono come possono fare per aiutarlo. Si tratta di organizzazioni umanitarie, ma anche privati. Offrono anche soldi per dargli una mano. Ora, però, la priorità è la sua salute».
Gli avvocati hanno attivato l'ambasciata del Gambia a Roma, per cercare di contattare i genitori del ragazzo. Informarli dell'accaduto, cercando anche contatti con altri eventuali parenti. Una ricerca non semplice. E il suo amico Teorè, che ha diviso molte sofferenze con lui, dice: «Voleva restare in Italia, cercare di integrarsi qui con un lavoro. Speriamo che riesca a farcela».
Il sogno di Bobb era riuscire ad avere una vita migliore. Ma ha avuto un triste impatto con una realtà che non si è dimostrata quella che immaginava. Lo hanno descritto come un inquieto, che negli ultimi giorni si era fatto ancora più irrequieto. Il suo amico lo difende e dice: «Era solo uno che voleva essere curato, perché soffriva. Nessuno gli credeva, ma era così».
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