Brucellosi, gli allevatori chiedono lo stato di emergenza

La proposta sarà avanzata domani al Sottosegretario alla Salute

Un allevamento di bufale
Un allevamento di bufale
di Emanuele Tirelli
Domenica 21 Maggio 2023, 09:46
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Una stalla nell'area cluster a Grazzanise. È il contesto scelto ieri mattina dal Coordinamento Unitario in Difesa del Patrimonio Bufalino per un intervento del suo portavoce. Nelle prime battute Gianni Fabbris ha ripetuto ancora una volta che «il Piano di eradicazione della Regione Campania è un fallimento. Dal 2007 al 2011 la brucellosi era passata dal 17 allo 0,8% grazie all'intervento del governo centrale e al Centro di Referenza Nazionale per le brucellosi. Poi la brucella si è diffusa di nuovo e l'anno scorso era al 19%. Tutto questo è accaduto sulla pelle delle aziende, che da 1.050 ora sono formalmente 600. Ma di queste, secondo la nostra stima, un centinaio non sono realmente attive dopo gli abbattimenti». Negli lunghi ultimi giorni la Regione ha detto che il Piano di eradicazione sta funzionando. E nell'ultima comunicazione ufficiale di mercoledì ha scritto che «la Regione Campania e le associazioni di categoria si dicono assolutamente soddisfatte del lavoro unitario e proficuo, che ha l'obiettivo di risolvere, definitivamente, l'ultradecennale problema della brucellosi, nell'esclusivo interesse degli allevatori e a tutela di tutto il comparto, della salute pubblica e dell'economia regionale». Tutto questo a margine della descrizione di una serie di «misure intraprese». Ma il Coordinamento continua a non essere d'accordo. «A noi non risulta che stia andando meglio», ha detto Fabbris. «Se però fosse vero invitiamo il ministero a farsi dare i numeri ufficiali di questo supposto miglioramento. Noi sappiamo che non è accaduto, e che un certo miglioramento è legato solo alla chiusura delle stalle. I numeri vanno forniti e letti in virtù di tutto questo: è chiaro che se chiudono le stalle diminuisce la brucella, e non vuol dire che vada meglio».

Ribadita ancora pure la considerazione che il Coordinamento ha del generale Luigi Cortellessa, commissario straordinario nominato dalla Regione per l'applicazione del piano. «È persona degna e al di sopra di ogni sospetto. Ed è incaricata di applicare un piano fallimentare che non ha scritto lui». Secondo il movimento c'è bisogno del massimo coinvolgimento di un ampio numero di soggetti perché «una zoonosi non è solo questione tecnica e sanitaria ma di impatto sociale. Per questo vanno messe in campo iniziative di sorveglianza e responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti nel problema. Parliamo di allevatori, trasformatori, trasportatori, sindaci, ricercatori, naturalmente associazioni di categoria e Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Non bastano i presidenti di quelle che la Regione considera come le associazioni più rappresentative. Non poniamo un problema di chi siano, ma che non basta sedersi al tavolo solo con loro». Domani, nel corso dell'incontro convocato a Roma dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, il movimento chiederà al governo il cambiamento del Piano di eradicazione e quello della task force, nonché la proclamazione dello stato d'emergenza, specificando che quest'ultimo «non è un elemento contro la Regione Campania ma di buon senso, che sta dentro l'ordinamento nazionale.

Chiediamo di fare come è accaduto nel 2007, possibilmente in accordo con la Regione. Ma se questo non fosse possibile domandiamo ai parlamentari e al governo di andare avanti comunque». Nel corso dell'intervento, è stato richiamato quanto è accaduto in Sardegna per la crisi del latte. «Qualche anno fa anche molti degli allevatori sardi che non reggevano più la situazione erano iscritti a quelle associazioni, ma il governo ha convocato comunque un tavolo presso il ministero degli Interni con tutti i soggetti coinvolti. Quell'operazione ha prodotto la convocazione di un tavolo permanente presso la Prefettura. Non è stato risolto tutto, ma gli allevatori hanno smesso di buttare il latte in strada. Gli allevatori non protestano perché sono sovversivi. Lo fanno perché chiedono risposte da parte delle istituzioni».

 

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