Bruno ucciso dal freddo in un sottoscala del ponte

Chiamata un'ambulanza perché Bruno, nel suo ricovero angusto del sottoscala, manifestava segni di malessere

Il rifugio di Bruno nel sottoscala
Il rifugio di Bruno nel sottoscala
di Franco Tontoli
Lunedì 14 Novembre 2022, 08:32
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Il destino che una sua coerenza ce l'ha, lo ha fatto morire nella domenica della Giornata Mondiale dei Poveri, lui Bruno Mattia, settant'anni circa, che poverissimo ha cominciato a esserlo dal 1986, associando la sua sorte alla moglie Lucia, 65 anni, lungo una china di indigenza assoluta, un quarantennio di stenti cui ha resistito fino alla 14.30 di ieri quando il suo corpo infagottato in un mucchio di cenci è stato prelevato, «insaccato» in un telo e trasportato alla sala mortuaria dell'ospedale.

In strada è rimasta l'altro mucchio di cenci, Lucia, la moglie, ancora più disorientata e inebedita di quanto quotidianamente è sempre apparsa. Termini crudi, amari, non ce ne sono altri a descrivere la realtà che ha caratterizzato per decenni la vita di questa coppia, di buon mattino lui avanti lei al seguito, carichi di borse di plastica, da quando lasciavano le «tane» che li ospitavano, una nella buona stagione sotto il ponte che di via Renella, l'altra, invernale, il sottoscala fronte strada al numero 16 di via Ferrarecce dove il più povero dei poveri di Caserta è morto. La cronaca della dipartita di Bruno, sono le 14.30 circa di ieri, un passante viene attirato dal dimenarsi in strada di Lucia, biascica parole, indica il corpo di Bruno che non risponde, è accasciato, dal giubbone e dal cappellaccio emerge la scomposta capigliatura, barba e baffi, ci vuol poco a capire che è morto.

Antonietta D'Albenzio, l'«angelo degli ultimi» che dei poveri che più poveri non si può si prende cura accudendoli nei locali della Caritas e del Comune in via Domenico Mondo, racconta: «Mi hanno avvertita, sono accorsa, in tempo per assistere alla rimozione della salma di Bruno disposta dalla polizia e per prendermi cura di Lucia che era stata lasciata in strada, l'ho portata nella sede di via Mondo, doccia e vestiti puliti che non indossava da mesi, non ha realizzato la perdita del compagno.

Ora c'è da pensare alla sua assistenza». Che già fino alla tarda serata di ieri appariva problematica: impossibilità di essere accolta a «Casa Emmaus» per esaurimento dei 12 posti letto disponibili, altrettanta impossibilità di trattenerla nelle stanze di via Domenico Mondo, 12 posti letto per soli uomini, nessun'altra struttura. «L'età la farebbe rientrare fra le persone ospitabili nelle residenze sanitarie assistite diceva Antonietta D'Albenzio ma questo è possibile accertarlo con i servizi sociali comunali da lunedì mattina».

Ancora un dettaglio di cronaca, sempre dal racconto di Antonietta: «Venerdì, intorno alle 16, era stata chiamata un'ambulanza perché Bruno, nel suo ricovero angusto del sottoscala, manifestava segni di malessere. Alla vista degli infermieri ha cominciato ad alterarsi, evidente e decisa la resistenza a farsi trasportare in ospedale. Così due ore dopo anche all'arrivo di una pattuglia di carabinieri, Bruno appariva capace di intendere e volere sebbene stremato dal primo freddo, impossibile obbligarlo». Bruno Mattia, comunque, la sue resistenze, i suoi dinieghi ha dovuto metterli da parte ieri, primo pomeriggio, quando il destino ha incollato la sua figurina nella casella del mese di novembre celebrativa si fa per dire della povertà. Il Mattino la storia di Bruno e Lucia l'ha raccontata nell'ottobre del 2020 sulla scorta di quanto il cronista che ancora oggi ne scrive fu testimone. Era il 1986, pattuglie di polizia in via Galilei in un condominio abitato da professionisti, primari ospedalieri, anche un ufficiale di polizia. Un coinquilino aveva allertato l'intervento, un olezzo sospetto dalle fessure della porta dell'appartamento dell'ultimo piano. Una spallata su uno squarcio di orrore, tre camere zeppe fino al soffitto di ogni genere di spazzatura, anche una Vespa chissà come portata al quinto piano, due bambini macilenti a occhi sgranati, due figure intorno al letto, Bruno e Lucia vegliavano da alcuni di giorni il cadaverino del loro ultimo figlio. Traffico di ambulanze, i due bambini in ospedale, così i genitori e un furgone funebre per l'obitorio. Bruno risultava impiegato Comune di Giano Vetusto, lei casalinga e vita normale fin quando una doppia scarica elettrica non sconvolse le loro menti. Accumulo seriale di spazzatura, porte e finestre di casa sempre serrate fino al giorno in cui da quella casa blindata non saltò lo spaccato di sconcerto di vita. Il resto della vita del fu Bruno e di Lucia sta in qualche fascicolo giudiziario, privati della patria potestà, i due figli affidati chissà a chi, loro due che si consegnavano a una vita di stenti fatta di girovagare per la città. Ieri sera davanti all'ultima dimora, il sottoscala fronte strada di via Ferrarecce, un mucchio di sacchetti e stracci, gli «averi» di Bruno Mattia. L' asse ereditario è aperto.

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