Appalti delle Ferrovie ai Casalesi,
la scalata dei Belardo e il raggiro di Apicella

Appalti delle Ferrovie la scalata dei Belardo e il raggiro di Apicella
Appalti delle Ferrovie la scalata dei Belardo e il raggiro di Apicella
Marilu Mustodi Marilù Musto
Mercoledì 4 Maggio 2022, 21:15 - Ultimo agg. 9 Maggio, 19:08
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La storia degli appalti nel settore delle Ferrovie s'intreccia con la cronaca nera più cruda che fino a un decennio fa era considerata un mucchio di argilla informe. Ma è con la mega-inchiesta sulle gare di appalto, emersa due giorni fa, che la cronaca «congelata» in delitti irrisolti e mai chiariti, viene vivificata con un salto nel passato. Era il 2008 quando Domenico Belardo, 41 anni, venne ucciso nella sua azienda «Italiana Pietre» di Orta di Atella. Per gli inquirenti era considerato vicino al clan Moccia. Avrebbe dovuto sposarsi nella primavera del 2008, Domenico, con la sua compagna, ma i killer arrivarono prima e lo ammazzarono nel gennaio di 14 anni fa nel cortile di via Bugnano a Orta di Atella. Il suo delitto è rimasto un «cold case», uno dei tanti gialli irrisolti dell’area casertana. Ma ieri, un altro Belardo è finito nella rete dei carabinieri: si tratta di Luigi Belardo, 49 anni, l’erede di famiglia di Domenico che ora gestisce la «Italiana Pietre». Luigi è stato, infatti, coinvolto nell’inchiesta della Procura Antimafia. 

Indagine che ha portato al sequestro di una villa a Baia Domizia in via dell’Erica (Comune di Cellole) intestata in maniera fittizia - stando alla Dda - a Daniela C., sorella di Caterina, moglie di Dante Apicella, vecchia conoscenza della magistratura e del processo Spartacus I.

Sotto chiave, anche alcune società sparse in tutta Italia: il fascicolo aperto dai pm dell'Antimafia ruota attorno agli appalti, in odore di camorra, affidati dalle Ferrovie a imprenditori collegati alla famiglia Schiavone di Casal di Principe. Fiumi di denaro. E non è un caso che siano stati messi sotto chiave 50 milioni di beni. Ben 66 le persone indagate, legate o in contatto con imprenditori al soldo del clan dei Casalesi, due quelle decedute nel corso delle indagini. Trentacinque, invece, le ordinanze firmate dal giudice per le indagini preliminari Giovanna Cervo tribunale di Napoli: per 17 si sono aperte le porte del carcere; per altri 17 indagati - fra cui Belardo - sono stati disposti i domiciliari; per un altro, invece, c’è stata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Per gli inquirenti «su Luigi Belardo si è ampiamente argomentato - scrive la Procura - come abbia consentito al clan attraverso i conti correnti della Italiana Pietre e anche personali di riciclare denaro o di monetizzare, con il cambio degli assegni, la ricchezza derivante dallo svolgimento dell’attività del clan».

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Arresti domiciliari, invece, sono scattati per Giancarlo e Vincenzo Diana di Casal di Principe. Ma proprio il legame lavorativo con Dante Apicella avrebbe portato a indagare anche su un’altra azienda, solo sfiorata: si tratta di un’impresa di Grazzanise gestita da Antonio e Pasquale D’Abrosca. Questi ultimi sono finiti nell’inchiesta perché, stando ai pm «i D’Abrosca, Antonio e Pasquale, imprenditori, titolari della Ce.dap. srls di Grazzanise, società attiva nel settore del commercio di materiale edile, consentivano che Dante Apicella - già condannato per associazione per delinquere di stampo camorristico e sottoposto a misure di prevenzione, per prevenire possibili confische (...) affinchè Apicella - continuasse ad esercitare le attività del gruppo Apicella srl, la società di famiglia sottoposta ad interdittiva antimafia dal 24 luglio 2008, mettendo a disposizione uffici, deposito e conti correnti societari, così consentendogli di diventare un socio di fatto ed effettivo dominus dell’impresa». Ipotesi di reato, in ogni caso, da riscontrare.

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