Camorra, Cantone teste: «Landolfi
mi segnalò caso di estorsione»

Camorra, Cantone teste: «Landolfi mi segnalò caso di estorsione»
Martedì 17 Luglio 2018, 19:31
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«Nel 2002, quando il boss di Mondragone Augusto La Torre era già in cella ma non aveva ancora deciso di collaborare, Mario Landolfi mi contattò per parlarmi del tentativo di estorsione subito da un imprenditore ad opera di un uomo di La Torre. Su mio consiglio l'imprenditore denunciò il suo estorsore ai carabinieri, che lo arrestarono e da allora iniziò il declino del clan» anche grazie al 'pentimentò dell'estorsore che iniziò a collaborare con la giustizia. Lo ha detto il presidente dell'Anac Raffaele Cantone, ascoltato come teste dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel processo che vede imputato l'ex ministro delle Telecomunicazioni ed ex deputato di An e Pdl Mario Landolfi, accusato di corruzione e truffa con l'aggravante mafiosa per aver favorito, secondo i pm, i casalesi, acerrimi nemici del clan La Torre. Landolfi proprio oggi ha annunciato la sua rinuncia alla prescrizione per i vari capi di imputazione.

Il presidente dell'Anac, citato dalla difesa di Landolfi, riferisce di circostanze relative al periodo - dal 1999 al 2007 - in cui era pm della Dda di Napoli e si occupava dei clan casertani, dai Casalesi ai La Torre di Mondragone, quest'ultimo «molto "attenzionato"», ha detto il presidente dell'Anticorruzione. L'ex pm dice di aver incontrato più volte Landolfi, originario di Mondragone, nel periodo in cui si occupava di La Torre, di averlo anche sentito in relazione sempre alla situazione della cittadina casertana, e racconta l'episodio che portò all'arresto nel 2002 di Michele Persechino, camorrista che per conto di La Torre raccoglieva sul territorio le estorsioni fatte agli imprenditori. Cantone conferma, su domanda di Michele Sarno, difensore dell'imputato, che «fu Landolfi a segnalarmi la vicenda del titolare di un caseificio di Mondragone cui Persechino aveva chiesto la tangente. Consigliai di denunciare tutto indicando i carabinieri cui l'imprenditore doveva rivolgersi; questi lo fece e dopo arrestammo l'estorsore, che è stato anche condannato». E dopo quest'arresto «iniziò il declino del clan La Torre, anche perché Persechino si pentì». «Landolfi contribuì a smantellare il clan La Torre?», chiede Sarno. Cantone non risponde in maniera diretta, ma si limita a osservare che Landolfi «ci mise in contatto con l'imprenditore», vittima dell'estorsione, «che poi lasciò Mondragone e fu inserito nel programma di protezione».

Il processo a Landolfi è una costola del procedimento a carico dell'ex sottosegretario nonché coordinatore campano del Pdl Nicola Cosentino, conclusosi in primo grado con la condanna dell'ex politico di Casal di Principe a nove anni per concorso esterno in camorra. L'indagine «madre» era imperniata sulla gestione, ritenuta politico-mafiosa, del Consorzio comunale dei rifiuti Caserta4 (Ce4); se Cosentino avrebbe costituito il «referente nazionale dei Casalesi» (ipotesi confermata in primo grado), per la Dda l'altra leva del potere era detenuta dal secondo uomo forte del centro-destra nel Casertano, appunto Landolfi.
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