Camorra, i verbali di Schiavone jr: «Boom di appalti a chi era con me»

Camorra, i verbali di Schiavone jr: «Boom di appalti a chi era con me»
di Leandro Del Gaudio e Mary Liguori
Lunedì 15 Ottobre 2018, 22:58 - Ultimo agg. 16 Ottobre, 07:03
4 Minuti di Lettura
«Imprenditori collusi con noi del clan dei Casalesi». Una categoria a parte, un gruppo di uomini d’affari che nel corso degli anni hanno bussato alle porte della famiglia di Francesco «Sandokan» Schiavone, per chiedere una cosa su tutte: lavoro e protezione. Bastava il via libera dei Casalesi e le cose cominciavano a girare per il verso giusto, tanto che piccoli imprenditori che negli anni Novanta sbarcavano il lunario - nel senso che un poco facevano azienda e un poco si arrangiavano a fare altre cose (come vendere abiti rubati in casa) - nel decennio scorso hanno svoltato in senso positivo: tenore di vita alle stelle grazie a commesse e appalti che cambiano la vita a te e ai figli tuoi. Parola di Nicola Schiavone, l’ex boss che per almeno otto anni ha governato la potente dinasty criminale, investito dal padre, il capo dei capi detenuto al carcere duro e garante dei rapporti con le altre famiglie - in particolare con i Bidognetti e negli anni della latitanza di Antonio Iovine e Michele Zagaria (arrestati rispettivamente nel 2010 e nel 2011).  
Nicola Schiavone, pentito da due mesi, apre il capitolo degli appalti. È il 21 settembre scorso, quando racconta retroscena su gare e commesse nel corso degli interrogatori resi al pm Fabrizio Vanorio, titolare delle indagini sul pentimento di Schiavone jr assieme ai colleghi Graziella Arlomede, Luigi Landolfi, Vincenzo Ranieri, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Luigi Frunzio. Ieri parte di quei verbali sono stati depositati nel corso di uno dei filoni della appaltopoli napoletana e casertana da parte del pm Maurizio Giordano, nel corso di un’udienza a porte chiuse. Aula 116, gup Comella, attesa per i primissimi verbali firmati dal rampollo pentito di casa Schiavone, in un procedimento che vede oltre quaranta imputati (ma non per fatti di camorra). 
I NOMI CITATI
Sono pochi i nomi citati da Nicola Schiavone, tra pagine di omissis che lasciano ipotizzare l’esistenza di indagini su materiale ancora da vagliare. Spiega Schiavone jr, a proposito di uno degli imputati nella appaltopoli casertana: «Devo dire che i fratelli Bretto, almeno fino al 2010, non hanno avuto grazie a me dei lavori. Ricordo che conducevano anche un tenore di vita abbastanza modesto negli anni Novanta. A partire dal 2000 i fratelli Bretto cominciarono a crescere dal punto di vista imprenditoriale aggiudicandosi diversi lavori pubblici. E potete verificare la contemporanea presenza delle imprese a loro riconducibili. Seppi che stavano crescendo perché in quel periodo cominciarono a versare nelle casse del clan la quota per i lavori che si aggiudicavano e la consegnavano in particolare a Rodolfo Corvino e Lello Letizia. Nel momento in cui questi imprenditori sono entrati in contatto con noi hanno dato fin dall’inizio la loro disponibilità ad appoggiare imprese che noi avremmo indicato o a essere aggiudicatarie di lavori nel Casertano. In sostanza, mi chiesero (usando come tramite i miei uomini) di entrare a far parte di quelle imprese disponibili ad assecondare i nostri interessi. E così è stato». In che senso? Schiavone jr insiste: «Ho sempre saputo di poter contare su quelle imprese, tranne che per gli appalti di Casal di Principe, dal momento che mi venne chiesto di non avere troppa visibilità». Difeso dai penalisti Saverio Campana e Angelo Raucci, Antonio Bretto è pronto a dimostrare la correttezza della propria condotta rispetto alle accuse che lo vedono a giudizio, oltre a rimarcare la propria estraneità rispetto ad accordi di natura mafiosa.
LA DIFESA
Ce n’è anche per Mario Martinelli, altro imprenditore di cui viene fatto cenno nel corso dei verbali depositati ieri in aula: «È un imprenditore cognato di Giovanni Garofalo (difeso dagli avvocati Paolo Trofino, Francesco Picca e Alfredo Marrandino, ndr), interlocutore privilegiato per noi del clan. Appartiene cioè a quelle categorie di imprenditori di cui abbiamo parlato questa mattina, quelli collusi al clan dei Casalesi». Difeso dagli avvocati Giuseppe Stellato e Giovanni Cantelli, Martinelli si dice pronto a dimostrare la trasparenza dei propri rapporti con la pubblica amministrazione, sempre al riparo da accordi di natura camorristica. Stessa determinazione nella difesa dei primi soggetti coinvolti dalle accuse del pentito. Un verbale che punta l’indice su una sorta di triangolazione, che nel 2014 venne sostenuta dal boss pentito Antonio Iovine (al termine delle indagini di Antonello Ardituro e Cesare Sirignano): i Casalesi avrebbero sponsorizzato alcune aziende, veicolando appalti agli imprenditori in cambio di tangenti, forti del controllo degli enti locali. Una ricostruzione che ora entra nel processo «The Queen» dal nome del professionista Guglielmo La Regina,(difeso dal penalista Marco Campora, viene accusato di aver condizionato alcuni appalti tra Napoli e Caserta), destinata al vaglio del giudice. Intanto, con il pentimento di Nicola Schiavone, riaperti alcuni casi di omicidio, come quello di Carlo Amato, ragazzino ucciso in discoteca nel corso di una festa in cui erano presenti esponenti della famiglia Schiavone: è un modo per verificare l’attendibilità dello stesso pentito. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA