Camorra, nuovo processo
per l’ex sindaco Fabozzi

Enrico Fabozzi
Enrico Fabozzi
Marilu Mustodi Marilù Musto
Venerdì 30 Settembre 2022, 12:50 - Ultimo agg. 18:22
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«La corte di Cassazione annulla la sentenza». Questa frase è la sintesi che demolisce la decisione della corte di Appello di Napoli che oltre un anno fa aveva assolto Enrico  Fabozzi, l’ex sindaco di Villa Literno, ora consigliere comunale. Il caso si riapre. E riparte dalla motivazione di 126 pagine dei magistrati napoletani del 2021: la sentenza dava sollievo a Fabozzi, ma era un ristoro del topo risparmiato dal gatto. Oggi, infatti, si torna al punto di partenza.

Nel giro di due decenni  Fabozzi è stato sindaco, vittima di una minaccia (una mattina si ritrovò un maiale decapitato impalato al cancello di casa), consigliere regionale, indagato, imputato e protagonista di un errore giudiziario. Solo che l’errore giudiziario - per i consiglieri della Cassazione - non c’è o, almeno, deve essere dimostrato meglio; non basta dire che le accuse di due collaboratori di giustizia sono «generiche, contraddittorie e prive di adeguati riscontri». Serve altro. Soprattutto se i pentiti sono Antonio Iovine o’ninno e Nicola Schiavone, quest’ultimo figlio «degenere» del padrino Francesco Sandokan.

E così, con il politico liternese, nella botola di un nuovo processo in corte di Appello - in una diversa sezione - finiscono di nuovo Nicola Caiazzo, i fratelli imprenditori Giuseppe e Pasquale Mastrominico (noti in tutta la provincia come «palazzinari» di successo) con Massimo Iovine, Gaetano Ziello e Francesco Diana. 

I consiglieri di piazza Cavour hanno accolto il ricorso del sostituto procuratore generale della corte di Appello di Napoli, Domenico Parisi. In primo grado, il pm della Dda Antonello Ardituro aveva portato avanti un processo messo in piedi nei minimi dettagli con la richiesta finale di 14 anni di reclusione. Alla fine, 

Fabozzi era stato condannato a 10 anni per aver preso accordi con la camorra per dei maxi-appalti (mentre i Mastrominico avevano intascato una condanna a 8 anni). Poi, la sentenza di secondo grado lo aveva assolto dal concorso esterno in associazione mafiosa. Per i Mastrominico (difesi in Appello dall'avvocato Vittorio Giaquinto) era stata presa in considerazione la ricostruzione che li identificava come vittime. Per quanto riguarda Caiazzo «le accuse di Massimo Iovine e quelle de relato di Ziello e Diana - avevano scritto i magistrati napoletani - risultano smentite dal collaboratore di giustizia Luigi Guida». Circostanza che ha scricchiolato a Roma. Per il pg che ha proposto l’appello «la motivazione per cui l’azienda Mastrominico era vittima di estorsione» non è reale. «Si tratta - scrive il pg Parisi - di ditte disposte a inserirsi nel meccanismo illecito di assegnazione di appalti e che potevano essere vittime nel momento in cui si fosse palesato un difetto di comunicazione fra i vari gruppi criminali».

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Ora, Fabozzi e gli altri dovranno vedersela in Appello. La vicenda risale a più di 11 anni fa. Nel 2011 l’ex sindaco viene arrestato, dopo quasi un anno di detenzione e la sentenza di primo grado che arriva nel 2015, a margine delle elezioni regionali, arriva un nuovo proscioglimento per eventi che lo coinvolgono nella storia del consorzio. Nel 2021 la II sezione dell’Appello assolve Fabozzi (difeso dal legale Mario Griffo). Nel 2022 non è finita: ci sarà un nuovo processo a Napoli per l’ex sindaco e gli imprenditori. 

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