Camorra, si pente Schiavone jr:
voleva uccidere Cafiero De Raho

Camorra, si pente Schiavone jr: voleva uccidere Cafiero De Raho
di Mary Liguori
Giovedì 26 Luglio 2018, 08:00
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Otto anni di carcere duro possono piegare anche il più duro dei rampolli di una dinastia di irriducibili camorristi. Se hai solo 39 anni, due figli adolescenti e la prospettiva di una vita dietro le sbarre, se ti impediscono anche il solo contatto fisico con i tuoi bambini, se registrano ogni tua parola detta a colloquio con tua moglie e con tua madre, allora puoi decidere di scrivere una lettera di resa. È partita via posta venti giorni fa la missiva che significa bandiera bianca, volontà di cambiar vita. Firma in calce, quella di Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco «Sandokan». Due settimane fa, i magistrati della Dda di Napoli - Vincenzo Ranieri, Arlomede e Fabrizio Vanorio del pool dell'aggiunto Luigi Frunzio - hanno chiuso la partita del casalese contro lo Stato, con il primo dei due verbali finora redatti con le confessioni del giovane capoclan stroncato dall'arresto del 2010, proprio mentre gli dava la caccia nientemeno che Michele Zagaria. Pentimento di alto livello sotto il profilo simbolico, dall'utilità ancora tutta da verificare. È stato un feroce assassino, Schiavone jr, che in cella al 41bis sta scontando l'ergastolo per un triplice omicidio e che si è preso una condanna in secondo grado al fine pena mai anche per un quarto delitto di camorra. È stato per un breve tempo a capo della fazione di famiglia del clan dei Casalesi, ma non ha mai assurto il ruolo di vertice perché a osteggiarlo ci fu Zagaria in persona che, su imprenditori soci e appalti, pretendeva l'esclusiva. Eppure l'astro nascente della malavita casertana potrebbe riferire di storie interessanti, di contatti economici e interessi in Emilia Romagna e all'estero.
 
Compravendita di auto di grossa cilindrata, la sua passione, e soldi investiti in società intestate a insospettabili. La leggenda narra che siano oltre trecento le ditte nelle quali gli Schiavone hanno mani in pasta. Da Modena, dove hanno investito nel cemento, fino a Malta, dove gli interessi riguardano il gioco on line. L'impero affidato a terzi avrebbe fruttato, nei due decenni di isolamento del boss Sandokan e negli otto anni di 41 bis del figlio, una montagna di soldi, tanti da garantire a chi è rimasto a Casal di Principe, ovvero madre, sorelle e i due dei quattro fratelli liberi del neo pentito, una vita più che dignitosa. C'è da scommetterci che i pm guidati dal procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, chiederanno al nuovo collaboratore di parlare degli investimenti di famiglia, di fare i nomi dell'esercito di imprenditori che per conto Schiavone, investe e fa lievitare iil denaro della camorra sia in Italia che all'esterno.

Quando si pentì Roberto Vargas, ex braccio destro di Nicola Schiavone, tra le tante furono le dichiarazioni su un piano organizzato dal giovane boss ai danni dei magistrati a far sobbalzare i pm dalle sedie. Secondo Vargas - il verbale è del 2012 - Schiavone aveva in mente di uccidere l'allora procuratore aggiunto di Napoli, Federico Cafiero De Raho e di sterminare il pool anticamorra di Napoli che lavorava sui Casalesi. Ne parlò il pentito suo ex fedelissimo, ma tre anni prima, il 2 aprile del 2009, per vie incidentali quel piano fu sventato. Un volantino con gli orari delle preghiere nella moschea di San Marcellino fu trovato addosso a un manovale algerino incappato in un'inchiesta della Procura di Venezia su una cellula salafita collegata ad Al Quaeda. Quel foglietto, probabilmente, salvò la vita all'attuale procuratore nazionale antimafia e ai pm che hanno inferto durissimi colpi ai Casalesi. Secondo Vargas: «Dovevano arrivare dei bazooka da consegnare ai terroristi incaricati di fare attentati ai magistrati anti-casalesi». Ora Schiavone jr dovrà spiegare anche questo, dovrà parlare dei contatti tra la camorra e i terroristi, storie finora solo ipotizzate, ma forse molto più che leggende.
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