Camorra, il pentito Schiavone
accusa l'ingegnere della Curia

Camorra, il pentito Schiavone accusa l'ingegnere della Curia
di Marilù Musto
Venerdì 12 Aprile 2019, 12:00
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La speculazione del clan dei Casalesi sulla compravendita dei terreni della curia vescovile di Aversa aveva un garante: «Si chiamava Toscano ed era un ingegnere». Parola di Nicola Schiavone, primogenito del capo storico dei Casalesi, Francesco «Sandokan». Il nome dell'ingegnere, Nicola Schiavone lo ha rivelato ai magistrati in un verbale ancora coperto da omissis; ma ieri, durante l'udienza nel processo nel tribunale di Santa Maria Capua Vetere a Benito Lanza e a Nicola Magliulo (il primo presunto prestanome del clan, il secondo un tecnico dell'ufficio comunale di Villa Di Briano) il collaboratore di giustizia ha rivelato particolari che nemmeno Antonio Iovine, l'ex capo pentito, aveva raccontato. Schiavone junior ha riavvolto il nastro.
 
È il 2007 quando la camorra allunga la mano su alcuni terreni della curia vescovile a Villa Di Briano. Valore: 700mila euro. Ma serve qualcuno che garantisca la compravendita. E allora, si organizza un incontro fra l'ingegnere che rappresenta la curia e Nicola Schiavone. La scena è decisiva, fonda la complicità esplicita fra la costola burocratica della chiesa e la camorra: «L'appuntamento con l'ingegnere Toscano venne organizzato da due imprenditori, Emilio e Nicola Di Sarno, a San Cipriano d'Aversa. In realtà, Toscano mi era stato indicato anche da un altro imprenditore fedele a noi, Pasquale Garofalo - racconta il pentito - ricordo che l'ingegnere viveva fra San Marcellino e Frignano. Ad ogni modo, gli dissi che i coloni dei terreni non ci avrebbero messo i bastoni fra le ruote perché erano stati loro a proporci l'affare, a patto che lasciassimo un pezzo da coltivare». L'interesse del clan era quello di comprare a poco prezzo «fatturando solo una parte, poi il resto in nero» e di rivendere gli appezzamenti qualora il Piano regolatore fosse stato cambiato.

Ma come fare per proporre l'edificabilità dei suoli e, quindi, per dare valore ai terreni? «Io avevo dei contatti con l'amministrazione tramite il consigliere Beniamino Guarino, eletto nel periodo in cui fu sindaco Raffaele Zippo ma, non vorrei sbagliarmi, anche durante la reggenza di Dionigi Magliulo. Zippo mi chiese appoggio elettorale contro Magliulo», ricorda Schiavone. Che ha poi aggiunto: «Con Toscano stabilimmo il prezzo dell'operazione. La nostra offerta era quella di comprare dai 5 agli 8 euro al metro quadrato». Sembrava filare tutto liscio, al punto che Schiavone junior sul finire del 2007 pensò che «della questione burocratica si occupasse Toscano». Ma le aspettative saltarono quando intervenne Antonio Iovine, ancora latitante: «Mi fece capire che voleva concludere lui l'affare, che il denaro lo avrebbe messo lui - spiega - a quel punto misi dei paletti, l'ingegnere Toscano avrebbe continuato a occuparsi del tutto». Benito Lanza, un allevatore di polli, sarebbe stato la «testa di legno» di Antonio Iovine. Solo che il boss Iovine, a un certo punto, tradì i patti: «Chiamai Lanza chiedendo spiegazioni, lui mi disse che Antonio Iovine non stava mandando i soldi e che aveva fatto una proposta troppo bassa alla curia, sui 3 euro e 50 centesimi a metro quadrato». E così, Nicola Schiavone si disinteressò all'affare, lasciando campo libero a Iovine. Ciò che è successo dopo è cronaca: l'escalation di Giuseppe Setola e il triplice omicidio Papa-Minutolo-Buonanno, deciso proprio da Schiavone. «Mi diedi alla latitanza perché seppi, da un informatore, che mi stavano cercando».
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