Campania-Regno Unito: il traffico
dei farmaci e il giallo dei colossi

Campania-Regno Unito: il traffico dei farmaci e il giallo dei colossi
di Mary Liguori
Mercoledì 25 Settembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 15:05
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C’è un giallo nelle 88 pagine a firma del gip Rosa De Ruggiero che ieri ha bloccato cinque persone, presunti referenti del clan dei casalesi che, per conto della cosca, avrebbero gestito un contrabbando di farmaci che oltre a toccare la Campania, il Lazio e la Lombardia, sarebbe arrivato fino al Regno Unito. Un giallo che riguarda i pagamenti, da 30mila a 200mila euro per volta, confluiti sui conti postepay degli indagati ed erogati da quelli che sarebbero due importanti colossi farmaceutici. 

Misterioso aspetto dell’inchiesta, per il resto sembra tutto chiato agli atti della misura cautelare che svela l’ennesimo business dei Casalesi, iuno dei loro mille modi per fare soldi. C’erano, fino al 2017, tre cellule attive in Italia, ciascuna con un territorio di riferimento, addette a reperire farmaci attraverso ricette rubate. Un gruppo di persone rubava i formulari dagli studi medici di Formia, Gaeta, Napoli Fuorigrotta e dalla provincia di Milano. Massimo Perrone, il presunto capo della Nuova gerarchia dei Casalesi dopo il nulla osta del ras Michele Bidognetti, fu arrestato due anni fa dopo aver terrorizzato l’Agro aversano a colpi di bombe e mitragliate. Era lui, dicono i pentiti, a compilare le ricette dal suo pc. Era sempre lui, a coordinare i vari componenti del sodalizio, che dovevano solo eseguire gli ordini. «Io penso, voi eseguite», diceva il ras agli affiliati. E infatti, su sua indicazione, entrava in azione un gruppo di «riscossori», persone che fisicamente andavano in farmacia a ritirare costosi farmaci salvavita e per patologie respiratorie con le ricette falsificate e intestate a ignari pazienti o a persone inesistenti. Quei medicinali finivano poi al mercato nero. E i proventi venivano in parte ricollocati dal clan per altri affari. Il flusso di denaro è stato ricostruito attraverso lo studio delle carte prepagate intestate ai prestanome. Ed è proprio su alcune di queste carte che compaiono i pagamenti effettuati dalle case farmaceutiche sulle quali sono ora in corso gli approfondimenti della Dda.  

A capo del gruppo campano dei «farmacisti» dei Casalesi c’era Domenico Spenuso (nel riquadro), di Grumo Nevano, cognato di Perrone: a casa sua avveniva lo stoccaggio dei farmaci da spedire in Inghilterra, Da ieri è in carcere. Sono invece ai domiciliari Gianluigi Natale di Aversa, titolare del box office attraverso il quale il gruppo inviava la merce in Inghilterra; Raffaele Palumbo, di Villaricca, che si occupava della raccolta, dello stoccaggio e del trasferimento dei farmaci al box office per la spedizione all’estero, Salvatore Calvanico di Castellammare di Stabia, che con altri aveva compiti operativi e logistici. È agli arresti in casa anche Daniela Cotugno, cognata di Spenuso che, con sua sorella Franca (moglie di Spenuso) e altre donne, indagate a piede libero, riceveva il denaro dai clienti sulla sua postapay poi lo ritirava e lo consegnava al gruppo.

Sono i pentiti Antimo Di Donato e Luigi Moschino a ricostruire, dall’interno, l’affare farmaci. «Ciascuno di noi gestiva in media 100 ricette al giorno - spiegano - Ogni mese, ognuno ritirava 6mila euro in contanti da consegnare a Perrone». Le indagini, coordinate dal pm Antimafia Maurizio Giordano, hanno visto al lavoro i carabinieri del Gruppi di Aversa, diretti dal colonnello Donato D’Amato, e la polizia giudiziaria delle Procure di Roma e Milano. La prima finestra sul business dei farmaci di contrabbando la apre infatti la Procura di Milano quando decapita la cellula lombarda del sodalizio: i capi, secondo i magistrati ambrosiani, sono Mario Minino e Pasqualino Catalano. Dalle indagini su di loro, si è scoperchiato il giro campano con la regia dei Casalesi e il collegamento con il Regno Unito. Per il servizio sanitario nazionale il danno, per il periodo valutato, è di 600mila euro.
 
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