Carcere di Santa Maria Capua Vetere,
ecco perché è stata rimossa la direttrice

Carcere di Santa Maria Capua Vetere, ecco perché è stata rimossa la direttrice
di Mary Liguori
Giovedì 29 Luglio 2021, 18:00 - Ultimo agg. 30 Luglio, 08:48
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Nessun titolo, nessun incarico se non quello conferito dall'articolo 17 che regola il volontariato negli istituti di pena, eppure presente nel carcere di Santa Maria Capua Vetere in occasione della visita del premier, Draghi, e della guardasigilli, Cartabia. Armando Schiavo era nell'area del penitenziario in cui fu allestita la sala stampa, pulì i microfoni dopo gli interventi dei relatori (compito che sarebbe spettato all'area sanitaria dell'istituto): il direttore, Elisabetta Palmieri, sua fidanzata, il presidente del Consiglio, poi il ministro. Lo si vede nel video dell'evento pubblicato sul canale YouTube di Palazzo Chigi. E c'era, ancora, l'ex poliziotto penitenziario quando, il 23 luglio, la senatrice grillina Cinzia Leone fece visita alle detenute dell'alta sicurezza. Al reparto Senna, per la verità, Schiavo poteva entrarci, ma solo di martedì, l'unico giorno per il quale era autorizzato. Teneva un corso di pasticceria. E invece, si accorse la senatrice che poi ha firmato un'interrogazione, il 23 luglio, di venerdì, Schiavo era in carcere e la accompagnò durante la visita. La parlamentare chiese chi fosse quell'uomo, nessuno rispose. Un poliziotto le domandò se non fosse il suo autista, ma la Leone smentì la circostanza. Poi apprese che si trattava del compagno della direttrice. È partito da questo episodio l'accertamento del Dap che, con nota del 27 luglio, ha avviato l'iter per la revoca dell'incarico di Elisabetta Palmieri. «Gestione anomala da parte della direttrice», sostiene il provveditorato.

Elisabetta Palmieri è l'unica figura di vertice del penitenziario ad essere passata «illesa» dall'inchiesta sulle violenze nel reparto Nilo del 6 aprile 2020. Non è indagata perché era assente per malattia quel giorno, prima di quella data, ovvero durante le proteste dei detenuti, e successivamente quando, come sostengono i pm, i suoi due vicedirettori, Rubino e Parenti, e i capi della polpen, tentarono goffamente di cancellare le prove di quanto era successo. Nelle migliaia di pagine dell'ordinanza del gip Enea la Palmieri compare poche volte, come quando la vicedirettrice, Mariella Parenti, le comunica della rivolta in atto nel reparto Nilo. È il 5 aprile 2020. «Stanno protestando», le scrive in chat la Parenti, e la direttrice risponde: «Bisogna tranquillizzarli, dite loro che domani faremo i test sierologici». Quel messaggio, come gli altri agli atti, la Palmieri lo invia da un cellulare la cui scheda è intestata ad Armando Schiavo, il suo compagno. Ed è questa l'unica volta in cui il nome dell'ex poliziotto compare nell'ordinanza. Una figura, dunque, onnipresente nella vita della Palmieri e, a quanto pare, anche nel carcere, dove aveva una sorta di lasciapassare legato proprio alla sua relazione con la direttrice. Ma l'«Uccella» è ormai «sorvegliato speciale» e le vecchie prassi emerse proprio nella ricostruzione del giorno delle violenze, quando all'istituto ebbero accesso poliziotti fuori servizio, agenti in pensione e chissà chi altri, senza passare per l'identificazione e per il marca badge, non sono più consentite. E la revoca in tempi così celeri prova che il Dap intende mandare segnali forti dopo il terremoto che ne ha travolto anche il vertice campano, Antonio Fullone, sospeso dal gip per otto mesi.

Dalla denuncia della senatrice all'avvio della pratica non sono passati neanche cinque giorni. Al momento, vista la sospensione dei due vicedirettori indagati, la Palmieri resterà al suo posto in attesa della nomina del successore. Un passaggio fondamentale per non lasciare l'istituto senza guida.

«Purtroppo non sono autorizzata al momento a rilasciare interviste. Posso solo dire che ci sono stati troppi equivoci che sono stati volutamente strumentalizzati», le uniche parole di Elisabetta Palmieri a Il Mattino. Non è chiaro se, quando sarà formalizzata la revoca, la direttrice presenterà ricorso. 

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Intanto, mentre il Riesame ha confermato le misure cautelari per Pasquale Colucci e Gaetano Manganelli, capi dei reparti di polizia cui sono imputate le violenze, i garanti dei detenuti continuano la battaglia contro i trasferimenti fuori regione dei carcerati che hanno denunciato i pestaggi. Ieri l'incontro con il capo del Dap, Petralia, in cui si è discusso anche di normalizzazione dei colloqui e delle attività degli operatori nel post pandemia. Il garante campano, Samuele Ciambriello, ha poi scritto una lettera al ministro Cartabia per chiedere la revisione della composizione della commissione ispettiva nominata per far luce sulle rivolte e sulle violenze avvenute nelle carceri italiane nella primavera del 2020. Per i garanti la commissione «è monca della componente sociale e di garanzia essendo composta esclusivamente figure interne all'amministrazione». 

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