Carcere Santa Maria Capua Vetere,
Cartabia: «Tradita la Costituzione»

Carcere Santa Maria Capua Vetere, Cartabia: «Tradita la Costituzione»
di Mary Liguori
Giovedì 1 Luglio 2021, 08:00
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L'Italia si risveglia sotto choc e se inizialmente intorno ai fatti di Santa Maria Capua Vetere c'era cauto garantismo, il giorno dopo la divulgazione del video delle violenze del 6 aprile 2020 nel penitenziario casertano, è quello della presa di coscienza. Da un lato il caso arriva in Parlamento e investe direttamente il ministero della giustizia, dall'altro i sindacati fanno scudo intorno ai 99 indagati, molti dei quali agenti di polizia penitenziaria in servizio nell'istituto teatro degli abusi. Il guardasigilli Marta Cartabia ha parlato di «un'offesa e un oltraggio alla dignità della persona dei detenuti e anche a quella divisa che ogni donna e ogni uomo della Polizia Penitenziaria deve portare con onore». Il ministro della giustizia ha poi parlato di «un tradimento all'articolo 27 della Costituzione che richiama il senso di umanità e deve connotare ogni momento di vita in ogni istituto penitenziario. Si tratta di un tradimento anche dell'alta funzione assegnata al corpo della polizia penitenziaria, sempre in prima fila nella fondamentale missione, svolta ogni giorno con dedizione da migliaia di agenti, di contribuire alla rieducazione del condannato. Di fronte a fatti di una tale gravità non basta una condanna a parole. Occorre attivarsi per comprenderne e rimuoverne le cause e perché cose del genere non si si ripetano». E infatti al termine del vertice straordinario che si è tenuto ieri mattina in via Arenula è stata ribadita la necessità di ripristinare l'intera rete di videosorveglianza negli istituti, soprattutto nei corridoi. E dovrà cambiare il sistema di archiviazione della immagini, finora previsto per pochi giorni, con nastri riutilizzati e sovrascritti, che a distanza di tempo rendono irrecuperabile il materiale. Misure a tutela dei detenuti ma anche degli agenti, a cominciare dalla necessità di rafforzare la formazione. Da rivedere anche le modalità di verifica e comunicazione all'interno del Dap, con protocolli più precisi. Presenti all'incontro il capo del Dap, Bernardo Petralia, il garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma e il sottosegretario Francesco Paolo Sisto. «Nelle carceri ha detto ancora Cartabia a margine della riunione c'è un pezzo della nostra Repubblica, dove la persona è persona e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati». Il Pd, ieri ha chiesto al guardasigilli di riferire in Parlamento. 

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— Domani (@DomaniGiornale) June 29, 2021

Intanto sono scattati i primi provvedimenti: annunciata la sospensione ufficiale dei 52 indagati raggiunti da misura cautelare, mentre il Dap comunicava di stare valutando ulteriori misure nei confronti di tutti gli agenti sotto inchiesta, quasi un centinaio. Da accertare anche la catena di responsabilità: i fatti risalgono a un anno fa, quando ministro era Alfonso Bonafede, va verificata anche la posizione di altri soggetti, all'interno del Dap, sulla conoscenza o meno degli avvenimenti a Santa Maria e in altre carceri italiane dove erano scoppiate rivolte dei detenuti che chiedevano maggiori standard di protezione e sicurezza sanitaria in piena emergenza Covid.

L'attuale capo del Dap, Petralia, all'epoca dei fatti non ricopriva tale ruolo ma spetterà a lui presentare una relazione sul caso, tanto è vero che ha disposto un'ispezione urgente nel penitenziario campano. 

Video

Ieri in mattinata si è tenuta anche la conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà, al termine della quale, con una nota, le violenze sono state definite «un fatto di una gravità inaudita che non può non destare indignazione e allarme». «I plurimi e corposi elementi di prova raccolti dalla Procura anche in seguito alle preziose segnalazioni del garante campano, Samuele Ciambriello - si legge ancora nel documento - convergono nell'attestare la serietà delle gravi contestazioni delittuose ipotizzate. Ma occorre anche muoversi sul piano della prevenzione». Poi la richiesta al Dap e al ministro Cartabia di farsi carico di «una sempre più adeguata formazione culturale di tutto il personale carcerario». Durissima la posizione dell'Unione delle camere penali che, invocando «accertamenti rapidi sui gravissimi fatti venuti alla luce grazie alle denunce dei detenuti e dei loro familiari, nonché degli avvocati», ha anche denunciato attraverso l'Osservatorio carceri e la giunta «l'ennesimo caso di spettacolarizzazione di una indagine penale con la divulgazione di foto e video, certamente raccapriccianti e indegni di un Paese civile, ma inammissibile e lesiva del principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza». I sindacati della polizia penitenziaria, che ieri hanno tenuto un breve sit-in davanti al penitenziario casertano, poi interrotto dalla polizia perché non autorizzato, e che si sono poi riuniti in assemblea, hanno ribadito la necessità di «fare chiarezza su errori commessi dagli agenti in seguito alla violenta rivolta dei detenuti» ma hanno anche aspramente criticato l'approccio mediatico alla vicenda parlando di gogna. «I poliziotti coinvolti vanno giudicati nei tribunali, non sui media ha detto il presidente nazionale dell'Uspp, Giuseppe Moretti - altrimenti si rischia di delegittimare l'intero corpo, con ripercussioni in tutte le carceri. Ora più che mai - ha concluso con un appello al ministro Cartabia - è necessario un protocollo unico sulle regole d'ingaggio da parte dei poliziotti penitenziari». Cartabia ha inoltre sollecitato un incontro con tutti gli undici provveditori regionali dell'Amministrazione penitenziaria, che il Dap sta già organizzando, e un analogo incontro con tutte le rappresentanze sindacali già fissato per il 7 luglio. 

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