Casal di Principe, la sorella di don Diana: «Peppe sarebbe orgoglioso
​di vedere qui il Presidente»

L'emozione di Marisa per la visita di Mattarella: «Lui può capirmi, soccorse il fratello»

Marisa Diana con il vescovo Spinillo
Marisa Diana con il vescovo Spinillo
Marilu Mustodi Marilù Musto
Venerdì 17 Marzo 2023, 07:50 - Ultimo agg. 20 Marzo, 16:09
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«Il presidente Sergio Mattarella mi può capire, lui soccorse il fratello. Io arrivai troppo tardi, mio fratello Peppino era già morto». Marisa Diana è la sorella di don Giuseppe, ucciso dalla camorra 29 anni fa.

Cosa ha provato quando ha ricevuto la notizia della visita del presidente della Repubblica a Casal di Principe?

«Orgoglio. Peppe sarebbe stato felice. Guarderò negli occhi il capo dello Stato e sono sicura che riconoscerò il mio stesso dolore. Anche lui ha perso un fratello, Piersanti Mattarella, a causa della mafia. Per anni, dopo la morte di Peppe, abbiamo dovuto subire il fango gettato sul suo nome. Prima con il chiacchiericcio sulle donne, poi le falsità sulle armi. C'erano persone che si recavano da mia madre con il giornale fra le mani e dicevano: Iolanda, hai visto cosa hanno scritto di tuo figlio? Io trovavo mamma in lacrime.

Peppino ha subito un secondo martirio».

Falsità, ma perché è stato permesso tutto questo?

«Si doveva dare la colpa a un morto che non poteva difendersi. Pian piano quelle voci sono state smentite in maniera clamorosa, ci ha aiutati molto il cordone di solidarietà delle associazioni. In questi due anni di pandemia gli anniversari per la morte di mio fratello sono stati un incubo, ora con la ripresa delle marce, della messa e delle manifestazioni sulla legalità il dolore viene condiviso».

Cosa chiederà a Mattarella?

«Ho solo una richiesta, quella di farsi portavoce delle istanze del territorio. Qui manca il lavoro per i giovani, per i professionisti. Dando occupazione ai ragazzi si sottrae la manovalanza alla criminalità organizzata che ancora c'è».

In che senso?

«La malavita ha cambiato pelle, ma non è scomparsa. Servono ancora anticorpi contro i clan. La visita del presidente sia una nuova spinta per l'anticamorra».

Torniamo a giorno dell'omicidio. Come seppe dell'assassinio di suo fratello?

«Stavo allattando mio figlio Francesco, avevo partorito da soli venti giorni. Alle otto meno un quarto arrivò mia cugina e mi disse che Peppe si era fatto male. Io pensai che fosse caduto, vidi improvvisamente la casa riempirsi di gente, alcuni prendevano in disparte mio marito. Capii che mi nascondevano qualcosa».

Si recò in chiesa?

«No. Uscii di corsa da casa liberandomi di alcuni abbracci e arrivai a casa dei miei, mi accolsero le urla di mia madre che si udivano dal cancello d'ingresso».

E poi?

«Furono altri familiari a riconoscere il corpo. Io non ebbi il coraggio, volevo ricordare Peppe così come lo avevo visto la sera prima».

Cosa le resta degli ultimi momenti insieme?

«Era venuto a trovarmi il pomeriggio prima, aveva detto messa a Villa Literno e aveva festeggiato il suo onomastico un giorno prima lì. Poi, il giorno dopo, in cui è stato ucciso, avrebbe dovuto festeggiare a Casal di Principe. Bevve un bicchiere di latte fresco, a lui piaceva così, e si avviò verso l'uscita. Ricordo che a casa c'era anche mia madre alla quale disse, prima di andar via, che sarebbe dovuto andare a celebrare una benedizione al cimitero perché il questore aveva vietato la messa in chiesa per un uomo ucciso il giorno prima. Nei giorni successivi alla morte di Peppe si ipotizzò anche che il suo omicidio fosse legato al diniego di Peppe di celebrare il funerale».

Questa ipotesi è stata valutata dagli inquirenti?

«Credo di sì. La verità è emersa negli anni successivi. Io, in ogni caso, ho sempre un tarlo che mi scava nella testa: e se il motivo della sua uccisione fosse quel funerale che non potè celebrare?».

La verità processuale parla di una vendetta del gruppo De Falco per far ricadere la colpa sulla famiglia Schiavone.

«Sì. Ma all'epoca le stragi erano all'ordine del giorno, avvenivano omicidi quasi ogni settimana. Prima di Peppino furono uccise altre due persone».

Altri tempi. Dopodomani sarà il ventinovesimo anniversario della morte di suo fratello, cosa è cambiato?

«C'è una nuova coscienza civile, una volontà di cambiamento. Manca, come detto, il lavoro».

Il presidente Mattarella incontrerà i giovani, sarà l'occasione per riprendere in mano il filo della politica che sembra essersi dimenticata del Sud?

«Magari. Prendiamo ad esempio i miei figli, il primo è un insegnante, mia figlia invece si sta per laureare in Medicina. Entrambi hanno scelto di restare al Sud perché credono di poter cambiare le cose, seguendo l'esempio dello zio. La nostra speranza sono loro. Questo è ciò che dirò al presidente da sorella, da donna che ha sofferto come lui».
 

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