Caseificio Bellopede&Golino:
dopo gli arresti c'è il fallimento

Caseificio Bellopede&Golino: dopo gli arresti c'è il fallimento
di Biagio Salvati
Domenica 20 Maggio 2018, 14:05
2 Minuti di Lettura
Prima gli arresti con il sequestro del caseificio finito sotto amministrazione giudiziaria nel febbraio del 2017, poi il dissequestro. A seguire, le scarcerazioni dai domiciliari confermate peraltro dalla Cassazione (in quanto erano state impugnate dalla Procura), infine una breve ripresa dell'attività da parte dei titolari e poi la dichiarazione di fallimento firmata dal giudice dell'apposita sezione del tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere che non ha accolto la richiesta di concordato preventivo. È finito così, in un anno e tre mesi di alterne vicende giudiziarie, il noto Caseificio Bellopede & Golino di Marcianise da un paio di settimane sotto curatela dopo la dichiarazione di fallimento avvenuta lo scorso 7 maggio, proprio negli stessi giorni in cui la Procura ha chiuso le indagini preliminari del processo penale, fase che precede la richiesta di fissazione dell'udienza preliminare consentendo agli indagati di depositare le proprie memorie difensive.

Un fallimento che incide inevitabilmente sull'economia di Terra di Lavoro già martoriata da altre clamorose chiusure di attività imprenditoriali e che fa salire a 30 le procedure concorsuali avviate dalla sezione fallimentare del Tribunale civile dall'inizio dell'anno. Il caseificio i cui titolari Sono Salvatore e Luca Bellopede (il primo era anche presidente di Confartigianato) - lavorava su due linee di produzione con un giro di affari, stimato dagli stessi inquirenti, di otto milioni di euro di fatturato annuo per la mozzarella di mucca e quella di bufala Dop (allo stato, risulta tra i soci del Consorzio di Tutela, stando all'elenco che appare sul sito dell'ente). Ed è stata proprio la scoperta di una presunta frode alimentare, su dichiarazioni di una gola profonda dell'inchiesta, Ciro La Mura, un autista che lavorava per la Casearia Sorrentina (pure finita nell'indagine) a far scattare l'inchiesta della Procura sammaritana dove si ipotizzano a vario titolo, in concorso, i reati di adulterazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze adulterate, frode nell'esercizio del commercio, commercio di sostanze alimentari nocive, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti agroalimentari con segni mendaci per la contraffazione della denominazione di origine.

L'indagine, battezzata Aristea dalla Guardia di Finanza, si concentrò anche sull'uso della soda caustica sulla quale, come su altre contestazioni, diedero spiegazioni i Bellopede nel corso del loro interrogatorio all'indomani degli arresti, parlando di uso consentito come additivo nel settore agroalimentare. Soda che non fu mai trovata nel caseificio. Ad assistere gli imprenditori anche nella fase successiva alla chiusura delle indagini, sono gli avvocati Alberto Barletta e Renato Jappelli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA