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Caserta: clochard morto di stenti, ​una “casa” per la moglie

Lucia accolta nella comunità Villa San Francesco di Cancello Arnone

Lucia, la vedova del clochard morto di stenti
Lucia, la vedova del clochard morto di stenti
di Franco Tontoli
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 15 Novembre 2022, 08:51
4 Minuti di Lettura

Ieri l'epilogo della storia di Mattia Bruno e Lucia Porfidia, settantanni e sessantacinque anni, coppia di clochard eufemismo in lingua francese per classificarli con meno crudezza fra i senzatetto e senza nulla e senza nessuno in città noti per il loro girovagare, lui trovato senza vita nel primo pomeriggio di domenica scorsa nell'ultima dimora, un pianerottolo rientrante al pianoterra di un'abitazione a fronte strada al numero 16 di via Ferrarecce, lei ancora più inebetita dai pregressi stenti e dalla vita che se n'era andata da quel corpo infagottato negli stracci che le stava accanto tra il cumulo di buste colme di ogni genere di rifiuti che andavano raccogliendo.

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Ieri mattina, dopo l'esame da parte del medico legale, Mattia ha trovato il suo ultimo riposo nella cassa di legno grezzo, sulla copertura del cofano il solo nome e cognome e una Croce, erano le 11, breve tragitto dalla sala mortuaria dell'ospedale al cimitero dove è stato inumato, adempimenti e spese a carico del Comune.

Poco più tardi, quasi in contemporanea, Lucia, la vedova, dopo la notte trascorsa nella Casa del sorriso di via Domenico Mondo accudita da Antonietta D'Albenzio, presidente dell'associazione Angeli degli ultimi che con alcuni collaboratori sono la letterale, concreta traduzione di questo logo, ripulita da una doccia sanificatrice, rivestita con abiti nuovi e puliti che non vestiva da anni, prendeva posto a bordo di un'auto, al volante una volontaria che sorrideva, salutata da Antonietta D'Albenzio e Lidia Barbato, responsabile dell'Ufficio contrasto alla povertà dei Servizi sociali del Comune, e raggiungeva Villa San Francesco di Cancello Arnone, una comunità tutelare che accoglie persone con problemi sociali.

Un sorriso mesto sul volto di Lucia, non avrebbe voluto staccarsi da chi nella notte precedente le ha dato calore non soltanto termico, umano. Continuava a ripetere: «Non sono Lucia, sono Alessandra, vado a trovare Mattia», parole farfugliate, il nome nuovo e l'illusione di ritrovarsi con Mattia, compagno da decenni di ogni stento, il girovagare per la città, le notti all'addiaccio o sotto il ponte di via Renella o su quel pianerottolo di via Ferrarecce.

Video

Ieri mattina un cumulo di sacchetti ai piedi dei gradini, gli averi della coppia, bottiglie vuote, cartacce, residui di cibo, tutto frutto della manìa dell'accumulo che aveva caratterizzato la loro esistenza dal 1985, quando si scoprì che nella loro abitazione di via Galilei, condominio di professionisti, avevano accumulato quintali di immondizia, vegliato per due giorni il cadaverino del loro terzogenito, aveva due anni, e malamente accudito gli altri due figli, allora di 5 e 4 anni che furono sottratti alla potestà di due genitori che la testa l'avevano persa senza che nessuno se ne avvedesse. Da quell'anno la lunga discesa nell'annullamento totale di sé stessi, una vita animalesca, sempre renitenti a chi offriva aiuto, mai chiesto carità, raccattavano avanzi di cibo dove ne trovavano. Domenica la parola fine alla vita tragica di Bruno e quella del rinnovo di vita, si spera sereno, per Lucia in una casa di assistenza e di tutela.

La soluzione di questa storia che ieri ha scosso molti casertani, quelli che li vedevano girovagare ma non sapevano della loro esistenza racchiusa in fagotti pieni di nulla, ha preso avvio con frenesia di telefonate grazie all'impegno di due donne, Antonietta D'Albenzio di cui si è detto, di Lidia Barbato che ha rappresentato con fattiva dedizione l'amministrazione comunale, il comparto dei Servizi Sociali da un po' senza assessore ma con la disponibilità del sindaco Carlo Marino, una muta concessione di carta bianca alla funzionaria e via alla scherma sul da farsi. Ventaglio di possibilità sull'assistenza da fornire a Lucia, la vedova che rifiutava di essere ospitata in albergo a spese del Comune, la disponibilità ad accudirla da parte della D'Albenzio, i contatti di ieri mattina di Lidia Barbato con le strutture idonee ad accogliere un donna anziana e disorientata fino alla sistemazione finalmente trovata.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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