Caserta, movida: controlli serrati
I gestori dei locali: «È dura resistere»

Caserta, movida: controlli serrati I gestori dei locali: «È dura resistere»
di Daniela Volpecina
Domenica 31 Maggio 2020, 11:41
4 Minuti di Lettura

Nuovo weekend di controlli, sopralluoghi e monitoraggi per Caserta alla luce delle ultime disposizioni regionali in materia di somministrazione e movida. Quattordici gli agenti della polizia municipale operativi nel centro storico e in particolare nella frazione di Vaccheria dove già lo scorso fine settimana si erano registrati casi di assembramento. Sotto osservazione i vicoli che ospitano bar, pub e piccoli locali come via Ferrante, via Maielli, via Mazzocchi, largo Sant'Elena, via Sant'Agostino e via Vico ma pure alcune delle zone più frequentate come piazza Gramsci, piazza Correra, piazza Margherita e piazza Vanvitelli. In campo anche carabinieri, polizia e guardia di finanza cui spetterà, tra gli altri, il compito di verificare il rispetto della normativa da parte dei gestori dei locali.

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Da venerdì è in vigore infatti il divieto di vendita con asporto di bevande alcoliche, di qualsiasi gradazione, a partire dalle ore 22, da parte di tutti gli esercizi commerciali. Non solo bar, chioschi o vinerie quindi ma anche supermercati, pub, pizzerie, ristoranti, distributori automatici e venditori ambulanti. Vietato anche il consumo di alcool nelle aree pubbliche, nei parchi e nelle ville comunali dalle ore 22 alle 6 del mattino. Ma non è tutto. Per bar, vinerie, gelaterie, pasticcerie, chioschi ed esercizi di somministrazione ambulante di bibite, previsto l'obbligo di chiusura all'una. «Se da un lato le nuove disposizioni ci agevolano spiega il comandante dei vigili urbani, Luigi De Simone perché creano una sorta di mini lockdown a partire dalle ore 22, dall'altro siamo consapevoli del fatto che molti potrebbero non rispettarle. Anche in virtù del fatto che l'orario previsto è effettivamente l'orario clou della movida». Da qui un appello alla consapevolezza e al senso di responsabilità: «In questa fase penso non ci sia divieto che tenga precisa il comandante il nostro destino e quello dei nostri cari è nelle nostre mani. Se osserveremo le regole potremo vivere un'estate quasi normale, in caso contrario rischiamo di ripiombare in una nuova emergenza con tutte le ripercussioni sanitarie, sociali ed economiche che ne deriveranno». Questo, per molte attività, è il secondo weekend di apertura al pubblico.
LE DIFFICOLTÀ
Una ripresa che in tanti definiscono ancora lenta. «Abbiamo perso oltre un terzo dei nostri clienti racconta amareggiata Anna Chiavazzo, titolare del bar pasticceria Il Giardino di Ginevra . Ci sono quelli che durante il lockdown hanno scoperto altre realtà alle quali era stato consentito di rimanere aperte e anche adesso continuano a spendere lì, ci sono quelli che hanno ancora paura del contagio e preferiscono evitare i locali, e poi ci sono quelli messi ko dalla crisi economica che hanno dovuto tagliare su tutto. Dall'altra parte ci siamo noi, piccoli artigiani, che alla ripresa dopo tre mesi di inattività ci siamo ritrovati con una mole di debiti cui far fronte: dai canoni di locazione alle bollette, dalle rate del mutuo ai costi di gestione. E le istituzioni, oltre a penalizzarci con ordinanze che inneggiano al proibizionismo e linee guida molto severe, ci dicono che potremo recuperare le perdite lavorando venti ore al giorno, sette giorni su sette. È una vergogna. Ho riaperto per senso di responsabilità ma non so quanto resisterò».
LA CONFUSIONE
A penalizzare le attività di ristorazione, secondo Giuseppe Russo della pizzeria Sunrise, sono soprattutto la confusione generata dall'accavallarsi di regole e disposizioni e il senso di disorientamento che accompagna ancora tante persone: «I clienti sono spaesati, ci chiedono addirittura se possono entrare, se possono sedersi allo stesso tavolo pur non appartenendo allo stesso nucleo familiare, se devono mostrare una certificazione, se possono stare seduti al tavolo senza mascherina. Non guasterebbe insomma una informazione istituzionale più chiara su questi temi. Aiuterebbe di certo il settore ma servirebbe anche a tranquillizzare i cittadini frenati da mille paure».
UNA SOLUZIONE
E poi c'è chi, come lo chef Fabio Biondi, ha ideato una formula per portare la sua cucina a domicilio. «Visto che ci sono ancora tante persone che hanno paura di entrare nei locali racconta ho pensato di andare io da loro, con i miei prodotti e il mio menu. La persona interessata mi mette a disposizione i suoi fornelli e io cucino per lei e i suoi ospiti».
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