La stanza degli abbracci nella casa di cura
a Caserta: «Anche noi parte del mondo»

La stanza degli abbracci nella casa di cura a Caserta: «Anche noi parte del mondo»
di Marilù Musto
Mercoledì 23 Dicembre 2020, 08:26 - Ultimo agg. 27 Dicembre, 17:59
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«Lo incontrai a Roma, in un circolo dove si ballava. E me ne innamorai. Lui era sposato, aveva dei figli. Dopo tanti anni non l’ho mai dimenticato. E lo amo ancora, nonostante sia morto». È il ricordo di un amore mai perduto quello di Lina, Raffaelina all’anagrafe. La sua storia la racconta alle nipoti Teresa e Loredana e anche a noi, attraverso un vetro di Villa Oscar, la prima struttura per anziani in provincia di Caserta che ha inaugurato, due giorni fa, la stanza degli abbracci. Una sorta di «spazio intimo» per alleviare l’isolamento (a causa del Covid) delle residenze per anziani, dove i parenti possono abbracciare i nonni e genitori nella struttura, senza temere il contagio.


L’INCONTRO
Il dono del calore di una carezza avviene grazie a due maniche di plastica inserite nel vetro. «Che bello», dice Raffaelina, 88 anni.

Incontra le nipoti giunte dalla provincia di Napoli in un giorno di dicembre che sembra primavera. «L’abbiamo portata qui il 14 febbraio, nel giorno di San Valentino», racconta una delle due nipoti. L’amore ritorna in questa grande storia di Villa Oscar, dove ogni ospite ha una narrazione speciale. Quella di Raffaelina parla di una canzone che lei intona: «Mi innamorai sulle note di Io che amo solo te». «C’è gente che ha avuto mille cose, tutto il bene, tutto il male del mondo. Io ho avuto solo te. E non ti perderò. Non ti lascerò», canta. Il suo fidanzato, diventato poi marito nel 1980, l’ha lasciata tre anni fa. «Ha vissuto tutta la sua vita a Ventimiglia, con il marito ferroviere - raccontano le nipoti - poi, dieci mesi fa, decidemmo di portarla qui».

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LE STORIE
La rotta «tracciata» della stanza degli abbracci è stata disegnata dalle strutture del nord Italia. Precisamente, da una Rsa di Castelfranco Veneto. Navigare ora, con la seconda ondata del virus, è necessario. E Villa Oscar è il primo esperimento in provincia di Caserta in questo senso. «Ho voluto che l’incontro fra ospiti e parenti ci fosse», racconta Gemma Sarpi, titolare della struttura. Gemma inizia la sua carriera come Biologa, poi diventa imprenditrice nel 2015. «Quando mio padre Oscar morì, trovai, fra i documenti e le carte, il progetto di una casa per anziani: c’era il terreno, il finanziamento con fondi Europei. Dovevo solo realizzare il suo sogno». E lo ha fatto. La struttura può anche ospitare persone nelle prime ore del mattino, in periodi «normali».


LA «DOLL THERAPY»
Ora, con Raffaelina, ci sono 21 anziani. Fra loro, un ex generale dei carabinieri, un cuoco romano, un maresciallo di polizia, una insegnante in pensione e tanti altri. Tutti, posso usufruire della stanza messa a disposizione da Villa Oscar. C’è Vittoria, ad esempio. Che oggi compie 90 anni. Ex sarta, per anni impiegata in una grande azienda di sete di San Leucio, dove confezionava tovaglie. Quando prende fra le mani una bambola si rilassa: «È la doll therapy, questa», spiega la coordinatrice della Teresa Andreozzi. Accanto a lei, un ex generale dei carabinieri, rimasto ferito nel ‘63 in uno sciopero dei portuali a Genova. «Ho guidato nuclei investigativi di quasi tutta Italia, chi se li dimentica quei momenti», dice. Bastone in mano, baffetti pettinati. Non se ne sta ancorato alla sua sedia, vuole alzarsi.  Il generale ha compiuto da poco 94 anni, ma ne dimostra almeno dieci in meno. Il suo, è uno stile da lord inglese che non vuole lasciare andare. E ciò che colpisce è proprio questo: la dignità delle persone, il ruolo nel mondo fuori dalla struttura, qui resta intatto. «Adesso, insegno alle terapiste che la dama cammina a destra dell’uomo, quando per strada si tiene il braccio al proprio marito».


L’INCONTRO
I suoi precetti sono pezzi di vita che scorrono, nei ricordi, prima di arrivare alla stanza dove incontra i figli. «Io ne ho due di figli- dice Giuseppe, ex maresciallo della polizia per anni impiegato nella Squadra mobile di Salerno - e ho anche due pronipoti che mi vengono a trovare. Non sempre, certo». È il suo turno. I figli si avvicinano. Scende una lacrima, dopo tanto tempo possono di nuovo abbracciarsi. Questo è il miracolo della stanza creata apposta per loro.

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