Casertavecchia, i pini deboli si spezzano:
«Qui meglio piantare i lecci»

Casertavecchia, i pini deboli si spezzano: «Qui meglio piantare i lecci»
di Lidia Luberto
Martedì 20 Ottobre 2020, 08:37 - Ultimo agg. 20:32
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Alberi abbattuti, rami spezzati, tronchi danneggiati: così si presenta la pineta di Casertavecchia. Uno spettacolo spettrale dopo la pioggia, il vento e la grandine dei giorni scorsi. Così il tempo inclemente ha riportato, ancora una volta, l'attenzione sul problema vecchio e irrisolto dello spazio verde popolato di pini che costeggia il castello e che proprio non dovrebbe essere lì, almeno com'è. Infatti, la pineta è, per Casertavecchia, una sorta di inserimento forzoso. Essa, infatti, si trova lì da tempi relativamente recenti. Fu infatti piantata nell'immediato dopoguerra.

E oggi, questo luogo, versa in una condizione pietosa.

Così, a parte le tante volte denunciate irregolarità che sviliscono la sacralità e la suggestione del borgo, dalle macchine che, in barba ai divieti e ai controlli, sono parcheggiate dovunque, alla foresta di antenne che ancora non è stata rimossa, nonostante la recente formale procedura messa a punto dal Comune a seguito di rilievi tecnici sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche, dalle insegne e agli infissi in acciaio anodizzato, alle coperture in plastica.

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Non è certo una novità: ad ogni temporale, tempesta di vento la pineta perde pezzi. Passando per la strada che taglia in due la pineta, proprio a ridosso del Castello che d'estate diventa il «palcoscenico sotto le stelle» del Settembre al Borgo, colpisce l'immagine di quel che resta della pineta, peraltro, anche un oggettivo pericolo per chi dovesse percorrere il viottolo.

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Una situazione che, insomma, si ripropone puntualmente e che sembra difficile da risolvere. Anche perché, come più volte è stato rilevato, non è quello il luogo adatto per una pineta. Lo testimoniano i problemi che si incontrarono proprio quando vennero messi a dimora gli alberi. Il lavoro fu completato, all'epoca, con grande difficoltà di impianto, e fu necessario adoperare addirittura piccole cariche esplosive per intaccare il sottosuolo formato da rocce calcaree compatte. «I pini hanno bisogno di spazi ampi e meno esposti», dice Antonino Testa, docente al Dipartimento di Agraria dell'Università di Napoli Federico II. «Invece, nel luogo dove attualmente sono collocati c'è pochissimo terreno, dunque le radici non hanno la possibilità di espandersi come dovrebbero, senza contare che questi alberi furono sistemati in modo troppo ravvicinato e, dunque, in una situazione di grandissima competizione per potersi alimentare in maniera sufficiente. Inoltre, molti di essi sono piuttosto vecchi. Da qui gli inevitabili danni dovuti agli agenti atmosferici e, perché no, anche il pericolo per chi dovesse passare all'interno della pineta». Eppure, nonostante i rilievi dei tecnici nessuno provvede a rivedere quell'impianto e a ripensare quello spazio. Anzi nel 2015, quando un'altra violenta tempesta abbatté numerose piante, furono rimessi in loco, ancora una volta dei pini. «Un errore reiterato sottolinea il professore Testa non sono quelli gli alberi adatti. Lo ripeto».

Allora come sostituirli per evitare che le pendici della piccola collinetta su cui svetta il Castello sia troppo brulla? «Prima di intervenire è necessario effettuare una approfondita analisi storica e tecnica», dice ancora Testa. «Bisogna, comunque, rimanere nell'ambito della flora autoctona. Io, ad esempio, ci vedrei bene querce e lecci».

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