Cemento, pistole e affari: i boss pupari dietro il sacco del Casertano
Il processo è nato dall'indagine che nell'aprile dello scorso anno portò all'arresto, da parte della Squadra mobile di Caserta, di decine di presunti affiliati al clan Piccolo; l'inchiesta ha fotografato vent'anni di affari illeciti e sangue, due decadi in cui il clan Piccolo è riuscito a «risorgere» dopo essere uscito sconfitto dalla cruenta guerra di camorra combattuta con il clan rivale dei Belforte, a cavallo tra gli anni '90 e 2000.
La rinascita della cosca sarebbe avvenuta dopo il 2005, in seguito ai colpi assestati da forze dell'ordine e magistratura agli stessi Belforte, peraltro messi in ginocchio anche dai continui pentimenti di capi e gregari.
Determinanti per le indagini le intercettazioni dei colloqui in carcere tra gli affiliati detenuti e i parenti, e le stesse collaborazioni in seno al clan Belforte, che hanno squarciato un velo anche sugli affari del clan concorrente dei Piccolo. Dalle indagini sono emersi anche contrasti all'interno della stessa cosca, tra i Piccolo e i Letizia. Emblematiche le parole di Achille Piccolo, che parlando in carcere con il fratello Angelo, viene intercettato mentre dice a chiare lettere. «Sono io che comando nel clan». La sentenza è attesa per inizio marzo.