Il cuore negato, la battaglia di Ilaria
che vive attaccata a una macchina

Il cuore negato, la battaglia di Ilaria che vive attaccata a una macchina
di Ettore Mautone
Mercoledì 17 Luglio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 11:00
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Donazioni, organi da trapiantare: il nodo da sciogliere è la penuria di organi. Al principio del silenzio assenso previsto dalla legge quadro sui trapianti in Italia - una norma del 1999 - manca l'anello attuativo, un decreto del ministro della Salute. Per scalfire l'indifferenza di molti chiamati comunque ad esprimere la volontà di donare gli organi al rinnovo dei documenti di identità, servono più informazione e anche dare un volto a chi soffre.
 
La battaglia parte dal Monaldi dove Michele Romano, un uomo di 34 anni di Ponticelli (di cui abbiamo già raccontato la storia) ha lanciato una petizione su Charge.org che ha già superato le 60 mila adesioni. Nel reparto dove è ricoverato (Assistenza meccanica al circolo e Trapianti in pazienti adolescenti diretto da Andrea Petraio) ci sono stanti ragazzi come lui in attesa di un cuore nuovo e di una prospettiva di vita. Tutti hanno una storia da raccontare.

Come Ilaria, 11 anni, un sorriso solare, la passione per la danza e tanta voglia di vivere. Al Monaldi è ricoverata dal marzo scorso. Balla, gira continuamente per le corsie e in medicheria, fa domande, si informa. È intelligente e curiosa e da quattro mesi ha un compagno fedele da cui non si separa mai. È il Berlin Heart, quello che comunemente si chiama cuore artificiale. Un dispositivo meccanico che tiene per mano il suo cuore fragile, ne sostiene i battiti abbracciando il suo ventricolo sinistro in attesa di un organo vero da trapiantare. Sullo sfondo le difficoltà burocratiche: i benefici di una legge (la 104) che non arrivano e una norma, quella sul silenzio assenso appunto, inattuata da venti anni.

La piccola Ilaria ha seguito fino a giugno la scuola in ospedale. Trascorre il suo tempo con i camici bianchi e gli altri pazienti come lei in attesa di un cuore nuovo. Nino e Diana, i suoi genitori sono sempre con lei. «Ero un conducente di auto a noleggio - racconta papà Nino ma ho dovuto lasciare il lavoro. Mia moglie insegna ma è costretta spesso a chiedere ferie e permessi. Ilaria è una combattente, lottiamo con lei da quando aveva 7 anni». Quattro anni fa i genitori di Ilaria scoprono che la bimba aveva un tumore, un sarcoma osseo. Iniziano le cure, le sono asportate due costole, poi 11 cicli di chemioterapia. Una cura necessaria ma tossica, che l'ha fatta ammalare di cuore. «Dopo la chemio la situazione era stabile. Mia figlia seguiva lezioni di danza, le prove da sforzo erano confortanti, il tumore sparito. Ma un virus, la varicella, ha fatto precipitare tutto». Dopo l'infezione il ricovero al Monaldi. Da allora non è uscita più.

«Abbiamo fatto richiesta di usufruire dei benefici della legge 104 per avere un po' di tempo in più da dedicare a lei. Abitiamo a Marcianise, abbiamo un'altra bambina più piccola, che ha 9 anni, a cui badare. Abbiamo presentato la domanda il 5 aprile, la richiesta è stata trasferita da Caserta a Napoli ma sono trascorsi più di 3 mesi e qui non si è visto nessuno» continua papà Nino che si commuove nel ricordare la storia della sua bambina. I genitori di Ilaria aspettano un cuore per la loro bambina ma sanno che i donatori sono pochi soprattutto qui al Sud. «La cultura della donazione non appartiene alle nostre comunità. Pochi sentono questo slancio. Manca l'informazione e prevale la diffidenza. Anche la legge, la 91 del 1999, è inattuata nella parte che prevede che tutti nascano donatori salvo espresso diniego scritto. L'esatto contrario - dice Nino - di quello che accade oggi in Italia dove per esprimere il consenso bisogna invece firmare moduli e carte. E le opposizioni sono tante soprattutto al Sud, per motivi culturali».

«Il dottore Petraio è stato fondamentale - racconta ancora papà Nino - dal cuore artificiale mia figlia non si separa mai.

L'aiuta molto, si è ripresa. Oggi è più vitale. Sembra una bambina del tutto normale anche se il segno del suo disagio lo trasferisce sul cibo. Mangia molto poco. Per questo le stiamo sempre vicino. Vive legata alla macchina e aspettiamo. Col Berlin heart ci balla, ci va a passeggio, si lava. Ma quanto durerà? È pesante, non ha avuto mai una degenza così lunga. Anche quando aveva il tumore faceva le cure e dopo una settimana era a casa. Qui siamo tutti nella stessa barca». Ilaria balla e non fa altro che pensare di tornare di nuovo alla danza e alla vita normale. A 11 anni sfida il buio con semplicità e armonia. Un esempio per tutti.

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