Dalle visite al figlio al bar, è caccia
a chi protegge il latitante dei Casalesi

Dalle visite al figlio al bar, è caccia a chi protegge il latitante dei Casalesi
Dalle visite al figlio al bar, è caccia a chi protegge il latitante dei Casalesi
di Marilù Musto
Domenica 17 Gennaio 2021, 11:38 - Ultimo agg. 16:03
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A Trentola Ducenta ci sarebbe suo figlio. Almeno, così si racconta. A Castel Volturno, invece, frequenterebbe un bar. Ad Aversa, di certo, ha diversi appoggi. Proprio nei pressi della centralissima via Costantinopoli nella città normanna, due giorni fa il racket ha piazzato una bomba davanti a un tabacchi. Un segnale. A lui, latitante, o forse al gruppo dei napoletani rivali. L'aversano, ora, è meta di conquista di vari gruppi criminali. Ma il suo quartier generale è sempre Casal di Principe. È questo il quadrilatero all’interno del quale si muove Francesco Cirillo, alias Coscialiscia, conosciuto dalla malavita come Pasqualino, in fuga dal 20 novembre 2020. Magro, capelli a spazzola, camicia sempre bianca, impeccabile: Francesco «Pasqualino» è l’ultimo fuggitivo dei Casalesi. Pericoloso, ma non come suo cugino, il «sergente» Alessandro Cirillo, panzuto, almeno dieci omicidi sulla coscienza, diverso anni luce da lui. 

E infatti, nei vecchi registri della storia criminale spunta spesso il nome del cugino, braccio armato di Giuseppe Setola, con all’attivo almeno 10 omicidi.

Poche volte il suo. Per i giudici, Francesco, però ha partecipato all’omicidio di Domenico Noviello, titolare di un’autoscuola di Castel Volturno ammazzato per aver denunciato lui e un altro affiliato nel 2001. Ma il ruolo di Francesco Cirillo non è mai stato di primo piano: voleva farla pagare a Noviello e al figlio Massimiliano che si erano «imbottiti» di microspie per incastrarlo e farlo arrestare. Ci riuscì. 

E così, dopo il fermo nel 2001 e la condanna a 7 anni poi scontata, era uscito dal carcere nel 2008. Aveva trovato un’officina-rifugio per i killer che avrebbero dovuto trovare riparo lì dopo la spedizione contro l’imprenditore a Baia Verde. Ma quel posto fu poi ritenuto non sicuro da Massimo Alfiero. Fu proprio Setola, killer dell’ultima ora, a raccontare al magistrato Alessandro Milita le fasi successive al delitto: «Massimo Alfiero mi disse che avevano festeggiato il delitto di Noviello con Francesco Cirillo che aveva stappato una bottiglia di Champagne». Le feste piacciono a Cirillo. Il carcere no. Lo dimostra la fuga dopo la condanna definitiva a 30 anni, arrivata il 19 novembre. 

Cirillo era stato condannato all’ergastolo in primo grado nel 2014 dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ma era stato poi assolto dalla corte di Appello nel 2016. La Cassazione, nel 2017, aveva annullato con rinvio la sentenza. Una nuova sentenza - questa volta di condanna a 30 anni di reclusione - della corte di Appello, era finita di nuovo in Cassazione, che aveva confermato la pena. Il giorno della sentenza, il 19 novembre, Francesco Cirillo era salito sul primo treno e aveva raggiungo la corte di Cassazione a Roma per ricusare i giudici, tutti e cinque, per «manifesta ostilità». Poi, era tornato a Casal di Principe e, appena appresa la notizia della condanna a trent’anni per aver ucciso Noviello, era scappato. 

A chiedere la sua cattura è soprattutto Massimiliano Noviello, figlio di Domenico, ucciso dai sicari che volevano vendicare l’arresto di Francesco Cirillo. Ci stanno lavorando in tanti: carabinieri del comando provinciale e squadra mobile della questura di Caserta, oltre alla guardia di finanza di Caserta. 

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