In fiamme la macelleria islamica, denunciano i genitori: «Basta, torniamo in Marocco»

Denunciano i genitori: «Basta, torniamo in Marocco»
Denunciano i genitori: «Basta, torniamo in Marocco»
di Marilù Musto e Alessandra Tommasino
Mercoledì 22 Novembre 2017, 06:39 - Ultimo agg. 12:00
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SAN MARCELLINO. Credenze, screzi, dispetti, violenze. A tutto questo si sono ribellate due sorelle che hanno bussato alla porta della guardia di finanza di Aversa e hanno denunciato i genitori. «Mamma e papà hanno organizzato probabilmente un incendio - avevano dichiarato, tremanti, ai militari - ma noi non condividiamo il loro modo di vivere. La notte dell’incendio della macelleria del concorrente di mio padre, abbiamo sentito dei rumori, i nostri genitori dicevano che Arrouf si era comportato come un cane e che dovevano “risolvere il problema”. Noi non condividiamo il loro stile di vita, torniamo a Casablanca, continueremo a studiare in Marocco». Avevano saputo dell’attentato alla macelleria, le due sorelle, e avevano dei sospetti. La svolta per loro era arrivata a febbraio quando un indizio le ha portate a sospettare dei familiari. Ieri sono stati arrestati i genitori e il fratello più piccolo.
Le due ragazze hanno svelato i nomi di coloro che hanno messo a segno l’attentato alla macelleria islamica di San Marcellino. Poi sono salite su un aereo diretto in Marocco.
Il titolare dell’esercizio commerciale era in competizione con il padre delle ragazze. Ex garzone del negozio dei genitori, Arrouf, la vittima dell’incendio, aveva deciso di mettersi in proprio. E aveva «rubato» i clienti all’altra macelleria. Così, il capofamiglia aveva pensato bene di organizzare un attentato.
La testimonianza delle due ragazzine non è stata, però, l’unica fonte di prova per gli investigatori. Ci sono anche le intercettazioni telefoniche che restituiscono un quadro di credenze e riti del mondo islamico che vive a San Marcellino. Intercettazioni come quella di Afdo Rebbi, amico del marocchino che con la moglie Hanane avrebbe programmato l’intimidazione: «Gli affari di Arrouf vanno bene perché nella macelleria lui ha un amuleto - dice al suo amico - che attira i clienti». Alcuni immigrati ci credevano davvero.
Poi, c’erano state le fiamme che avevano gettato ombre sulla macelleria inaugurata da poco in corso Italia a San Marcellino. Infine, sono partite le indagini della guardia di finanza di Aversa, coordinate dal tenente colonnello Michele Doronzo e dalla Procura di Napoli nord che hanno portato all’arresto di marito, moglie e figlio di 51, 45 e 23 anni. Khalid Khana, Hanane Abdaim e Lhaj Khana; ma è indagato anche un italiano, Luigi Tappino di 20 anni, contattato su Facebook dal suo amico Lhaj con la promessa «di guadagnare soldi».
La famiglia in manette aveva pensato di risolvere il problema della concorrenza con metodi radicali. Se l’intento di danneggiare l’esercizio commerciale, innescando un incendio con della benzina, fosse andato a buon fine, i tre avrebbero avuto campo libero nella vendita di carne ai clienti della folta comunità islamica. Invece, nella notte dell’attentato, una pattuglia della finanza di Aversa riuscì a evitare il peggio richiedendo l’ausilio dei Vigili del fuoco. «Il giorno successivo all’attentato mia madre mi disse che mio fratello la notte precedente era andato a dar fuoco al negozio di Arrouf», hanno poi raccontato le ragazze.
Il padre del ragazzino, il «vecchio» macellaio, avrebbe ordinato il raid.

Le due figlie della coppia di piromani, a febbraio, sono tornate in Marocco per paura di ritorsioni.

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