Sono 18 le pagine della relazione della Direzione investigativa antimafia (secondo semestre 2019) inviata al Parlamento, dedicate al crimine organizzato in provincia di Caserta.
Nel dossier, dove si richiamano sentenze di tribunali e inchieste della Dda, vengono citati clan oramai disarticolati da anni dalle forze dell'ordine ma anche possibili allarmi sul rischio di rigenerazione di vecchie e storiche cosche della camorra casertana. «Le organizzazioni criminali casertane emerge dalla relazione - risultano tuttora profondamente radicate nel territorio e incidono in maniera importante sul contesto socio-economico e politico, nonostante quasi tutti, tra capi e affiliati storici, siano stati arrestati e condannati e molti di loro abbiano intrapreso un percorso collaborativo con l'autorità giudiziaria. La cattura di latitanti, anche all'estero, conferma la capacità espansiva dei clan in attività di riciclaggio, con investimenti soprattutto in Emilia Romagna, Toscana e Lazio, nel settore edile, finanziario, immobiliare e della ristorazione, nonché nel commercio di capi di abbigliamento e di autovetture».
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Per la Dia il territorio casertano continua a essere segnato dal predominio dei Casalesi (nonostante il clamoroso pentimento del figlio dell'ex primula rossa Francesco Schiavone detto Sandokan, al 41 bis dal 1998), «che può contare su un radicato sistema di relazioni intessuto con politici locali su consolidate alleanze tra i gruppi aggregati al citato cartello»: i clan Schiavone, Zagaria e Bidognetti (i cui esponenti apicali sono tutti in carcere o collaboratori).
«Tali alleanze consentono - differentemente da quanto accade nella città di Caserta, dove non esiste un'unica coalizione di riferimento - di mantenere una pax mafiosa che non ha subito contraccolpi neanche a seguito della cattura e, in alcuni casi della collaborazione con la giustizia, di esponenti apicali di quei clan». Dalle recenti operazioni «emerge una trasformazione della fisiologia criminale delle compagini del cartello casalese, dovuta all'iniezione di giovani leve, soprattutto nuove generazioni dell'asse familiare dei clan. Queste nuove componenti si sono orientate verso diverse strategie criminali, talvolta creando sodalizi unitari, seppur occasionali, senza rinunciare al controllo del territorio sul quale esercitare pressioni per contenere scissioni interne e forze centrifughe di gruppi emergenti». Stando a quanto scritto nella relazione, «emblematico della capacità dei gruppi locali di rigenerarsi è il contenuto di un provvedimento cautelare del mese di dicembre 2019, eseguito dai carabinieri di Aversa, che ha riguardato otto persone, ritenute affiliati al cartello Casalese».
La relazione si sofferma anche sulle attività del clan come quello delle scommesse clandestine e della droga o delle estorsioni: «Per quanto attiene ai settori illeciti d'interesse, si conferma quello dei giochi e delle scommesse illegali. Tra gli elementi di novità, si segnala il sempre maggiore ricorso alla vendita di stupefacenti». Gli esiti di numerosi processi, inoltre, hanno accertato che «gli imprenditori impegnati nella realizzazione di opere pubbliche hanno trovato una diretta convenienza nell'operare sotto la protezione delle organizzazioni camorristiche, come attesta la costituzione di consorzi per la fornitura del calcestruzzo e degli inerti, controllati dalla camorra casalese e operanti in regime di assoluto monopolio. Il rapporto che lega gli imprenditori al clan è un rapporto stabile, che assicura ai primi protezione nei confronti di altre organizzazioni criminali e soprattutto la possibilità di aggiudicarsi appalti sfruttando le relazioni che i secondi hanno intessuto con esponenti della classe politica e amministrativa, non solo in Campania, ma anche in ambiti extraregionali».
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