«Doctor aborti» e il profilo criminale
della mafia nera in Campania

«Doctor aborti» e il profilo criminale della mafia nera in Campania
di Vincenzo Ammaliato
Domenica 15 Ottobre 2017, 18:15 - Ultimo agg. 18:27
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All’apparenza appaiono atti delinquenziali da basso profilo criminale; o quantomeno, non organizzati. A un occhio non attento sembra che lo spaccio di droga e la prostituzione Made in Nigeria che si consumano da almeno trenta anni sulle strade italiane siano pratiche necessarie alla sopravvivenza di chi delinque nell’attesa che ci sia la svolta, magari, ottenendo il permesso di soggiorno e quindi la possibilità di entrare nel mondo del lavoro regolare. Niente di più inesatto. Alle spalle, e sulla pelle, delle lucciole che si prostituiscono lungo i marciapiedi delle arterie di mezza Italia e degli spregiudicati pusher dei quartieri malfamati di ogni metropoli nostrana, c’è invece una vera e propria organizzazione criminale, che ha messo su un network del malaffare da fare invidia alle mafie autoctone. E il nigeriano arrestato a Castel Volturno col compito di far abortire le lucciole rimaste incinte, e soprannominato non a caso «doctor», è un vero e proprio soldato della mafia nera di Benin City. Ognuno all’interno del sodalizio criminale d’importazione ha un proprio specifico compito, assegnato dai capi dell’organizzazione (the Eye oppure the Black Axe) e gestito e controllato sul territorio dai loro luogotenenti.

Oltre a chi si occupa degli aborti, nel fenomeno della prostituzione c’è chi si prende cura del trasporto delle ragazze (gli autisti), c’è chi è chiamato per i riti woodo necessari a terrorizzare le vittime della tratta (i santoni), ci sono le persone col compito di far rigare dritto le lucciole (i picchiatrori), c’è chi si occupa dei bambini piccoli quando le mamme sono in attesa di clienti sui marciapiedi o quando finiscono in carcere (i gestori degli asili abusivi) e tante altre attività e compiti necessari a far andare avanti il business dello sfruttamento della prostituzione senza alcun intoppo. E così come le lucciole di colore per strada rappresentano solo l’anello esterno di una filiera ben rodata (peraltro, quello più debole), lo stesso vale per i pusher. L’organizzazione della mala africana garantisce loro continui rifornimenti di stupefacenti che arrivano in Italia attraverso gli ovulatori, corrieri della droga che trasportano il materiale direttamente nei loro stomaci, in involucridi cellophane.

Poi, sempre a loro disposizione ci sono i corrieri interni al nostro Paese, che trasportano a domicilio dei clienti piccole quantità di droga, solitamente occultati negli zaini, e che viaggiano in treno e quasi sempre con mezzi pubblici per non destare sospetti. Un altro compito necessario alle organizzazioni criminali africane è quello di chi si occupa dei trasferimenti di denaro all’estero. I soldi illeciti guadagnati in Italia, infatti, sono quasi tutti trasferiti nel Paese d’origine in Nigeria, e per bypassare i controlli istituzionali e internazionali che scattano per trasferimenti superiori a una tale soglia, è necessario che si compiano una lunga serie di bonifici di piccolo taglio. E per questo compito ci sono delle persone fidate del network.

Per tutti, soldati e ufficiali del sodalizio, come nel caso del «doctor» di Castel Volturno, vige una regola da rispettare assolutamente: non dare nell’occhio, avere un profilo estremamente basso, meglio ancora se miserevole.

Gli appartenenti al clan non devono mostrare ricchezza, meno potenza. Il loro interesse non è quello del predominio del territorio, per cui non devono ostentare come fanno i mafiosi di casa nostra. Loro hanno un solo scopo: quello di fare business, e per raggiungerlo, attuano molteplici stratagemmi. Ma soprattutto, sono capaci di qualsiasi cosa, comefa abortire una donna, anche se incinta di sei mesi.

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