«Mentre don Barone mi violentava
non riuscivo a reagire: volevo finisse»

«Mentre don Barone mi violentava non riuscivo a reagire: volevo finisse»
di Mary Liguori
Sabato 20 Novembre 2021, 10:10 - Ultimo agg. 13:53
4 Minuti di Lettura

Resta la «riserva» sull’acquisizione di tre cellulari che don Michele Barone ha trovato quando gli furono concessi gli arresti domiciliari nel Teramano, ma prende il via la rinnovazione del procedimento in corte d’Appello a Napoli per le accuse di violenza sessuale per le quali, in primo grado, l’ex confessore dei vip è stato assolto. Ieri, dinanzi al collegio presieduto da Angelo Valerio Lanna, è comparsa una delle due ragazze maggiorenni che sostengono di avere subito atti sessuali dal prete contro la loro volontà. Rappresentata dall’avvocato Rossella Calabritto, una delle due giovani ha sostenuto l’interrogatorio e confermato le accuse nei confronti dell’ex sacerdote, difeso dal penalista Carlo De Stavola, rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Maria Cristina Gargiulo e del difensore di Barone. Che gli atti sessuali tra le parrocchiane e il religioso ci siano stati è «evenienza accertata», come da motivazioni della sentenza di assoluzione di primo grado. Ma gli amplessi, secondo i giudici di Santa Maria Capua Vetere, «furono consensuali perché di natura orale». 

Ed è stato solo sulla volontarietà che le parti hanno potuto interrogare la ragazza. E lei, la vittima, ha confermato di non avere mai avuto alcuna intenzione di congiungersi carnalmente col prete, cosa che, a suo dire, le fu imposta.

E sul perché non si ribellò ha detto: «Ero completamente imbambolata, non riuscivo a reagire», «Volevo solo che tutto finisse al più presto, ero privata della mia volontà», ha ripetuto più volte. In un passaggio dei precedenti interrogatori, la giovane riferì che «se la Madonna aveva perdonato Barone» poteva perdonarlo anche lei.

L’avvocato De Stavola le ha chiesto chiarimenti su questo passaggio, su «come facesse a sapere che la Madonna aveva perdonato il prete» e lei ha risposto, «la Vergine è misericordiosa, perdona tutti». Passaggi che confermano che, come accaduto già durante il complesso dibattimento di primo grado, il processo anche in Corte d’Appello valica spesso, per argomenti trattati, i confini squisitamente giudiziari, per sconfinare nel campo della fede e della religione, delle credenze e delle suggestione. D’altronde, la condanna che Barone ha rimediato in primo grado riguarda delle violente pratiche di esorcismo su una ragazzina di tredici anni che i genitori ritenevano indemoniata e che fu sottratta alle cure mediche per essere affidata totalmente al sacerdote. Affetta da disturbi di conversione, fu ritirata dall’ospedale e per mesi il prete se ne occupò. Per queste vicende anche i genitori della ragazza sono stati condannati e hanno perduto la responsabilità genitoriale.
 

Come detto, il collegio non ha ancora sciolto la riserva sull’acquisizione di nuove prove chiesta dalla difesa di Barone. Ciò nonostante ieri le parti siano convenute sulla necessità di una decisione preliminare rispetto all’escussione delle parti offese. Il collegio, in seguito a una breve camera di consiglio, ha deciso di non acquisire per il momento i tre cellulari, ma non ha sciolto la riserva e non ha escluso che, semmai dovesse il contenuto dei telefonini essere ammesso agli atti in futuro, alla luce di eventuali nuovi aspetti, le parti offese potrebbero essere ascoltate di nuovo. I telefonini in questione, Barone sostiene di averli ritrovati quando, dopo 26 mesi di carcere, il 20 marzo del 2020, ottenne i domiciliari fuori regione, a Cologna Spiaggia, in provincia di Teramo. Ieri, il suo avvocato ha fornito al collegio una parte dei contenuti dei tre smartphone, ma i giudici non hanno ritenuto pertinenti i file al punto da disporre l’acquisizione dei dispositivi e si sono, ancora una volta, riservati la decisione. Si torna in aula a febbraio, per l’escussione dell’altra ragazza che accusa di stupro il religioso. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA