Da volano per il turismo all'abbandono,
il «colpevole» degrado del lago di Falciano

Da volano per il turismo all'abbandono, il «colpevole» degrado del lago di Falciano
Da volano per il turismo all'abbandono, il «colpevole» degrado del lago di Falciano
di Marilù Musto
Mercoledì 4 Novembre 2020, 22:02 - Ultimo agg. 5 Novembre, 20:39
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C’è un tronco che rimane aggrappato al terreno come un relitto. Sta quasi per staccarsi dal suolo, ma resiste. È solo uno degli alberi cadenti della selva che circonda il lago. Questo posto si chiama «riserva», ma nessuno lo cura. È un’area naturale protetta, ma non si sa chi dovrebbe proteggerla. Di fatto, è sporca, abbandonata, stretta nella morsa di incivili che scaricano bottiglie, piatti di plastica dopo pic-nic all’aperto che nessuno raccoglie. Nè i netturbini del Comune, nè i volontari ambientalisti, ammesso che a Falciano del Massico ce ne siano di club ambientalisti. E poi, ci sono loro: gli alberi, patrimonio dimenticato, ora degna Spoon River della flora, qui a Falciano. Cadono senza che qualcuno pensi a un minimo di manutenzione. Un incidente lascia tracce. Il degrado no: si accumula. Questo è. La riserva del lago di Falciano è uno specchio d’acqua bellissimo, un patrimonio faunistico, floreale e archeologico nel bel mezzo della provincia di Caserta.

La storia

Qui, un briciolo di natura incontaminata rimane saldo nel ricordo di ciò che fu. In effetti, non ci sono guardie ambientali, non c’è un servizio di pulizia, non c’è la grande guida turistica che possa indicarlo fra gli itinerari. Il lago, quindi, resta lì in attesa che qualcuno lo visiti e pure degli incivili, che puntualmente lo sporcano. Eppure, la responsabilità del luogo ricade anche sulla Soprintendenza dei beni culturali. Sul sito dell’ente si legge che il referente del settore architettonico è Giuseppe Schiavone.

Mentre per il settore archeologico è Antonella Tomeo. La riserva occupa una superficie di 90 ettari e comprende la zona umida del lago di Falciano. Visto il patrimonio faunistico, floreale ed archeologico dell’area, nel 1993 la Regione Campania istituì la Riserva Naturale Lago di  Falciano. Il recupero, però, era stato realizzato con il ripristino sostanziale dell’assetto idrografico precedente ai lavori degli anni ‘70. Ma dal 1993, poco o nulla è stato fatto. Negli ultimi mesi, il lago è stato pronto a cogliere le opportunità legate alla «fase 2» dell’emergenza coronavirus, quella del rilancio dell’economia, puntando sull’ecoturismo, sulla bioeconomia, enogastronomia, piccoli borghi e tesori storico-artistici. Un documento è stato sottoscritto dai vari presidenti degli enti-parco della Campania (tra cui quelli del Matese, Girfatti, di Roccamonfina-foce del Garigliano, Verrengia, della riserva Foce Volturno e Lago di Falciano, Sabatino), insieme a Legambiente, e inviato alla Regione, in cui si chiede sostegno e risorse per affrontare questa fase. «In questo contesto di crisi pandemica, con le conseguenze sociali ed economiche che stiamo misurando quotidianamente – scrivono – le aree protette della Campania possono svolgere un ruolo strategico. Rifugi sicuri per i cittadini». Ma di questo documento poi si sono perse le tracce. Mentre i rifiuti restano lì senza essere raccolti. E il lago, conta i suoi piatti di plastica sporchi lasciati accanto agli alberi. 

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