Gabriele Marino, mezzo secolo
di «popular» in Cinquantarte

Gabriele Marino, mezzo secolo di «popular» in Cinquantarte
di Enzo Battarra
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 16:14
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Cinquanta, ma non li dimostra. Sono gli anni che Gabriele Marino ha dedicato finora al mondo dell'arte. È dalla metà degli anni Sessanta che il maestro, classe 1937, atellano di nascita, napoletano di formazione e casertano di adozione, è partecipe e protagonista dei movimenti innovativi nel campo dei linguaggi visivi, con vasta eco a livello nazionale. Legittimamente il Mac3, il Museo di arte contemporanea città di Caserta (ingresso in via Mazzini 16), gli ha organizzato una mostra personale celebrativa di mezzo secolo di attività.

L'inaugurazione è per domani alle ore 18. Interverranno il sindaco Carlo Marino, l'assessore alla Cultura Tiziana Petrillo, la curatrice Viviana Passaretti e il critico Massimo Sgroi. «Cinquantarte» il titolo dell'antologica di Gabriele Marino. L'esposizione comprenderà un'accurata selezione di lavori storici, le opere della produzione più recente «Star Stones», nonché i manifesti e le locandine delle mostre più significative.

Gabriele Marino è una figura chiave della storia artistica contemporanea generatasi in Campania. È stato lui a fare da ponte di congiunzione tra i movimenti sperimentali napoletani degli anni Sessanta e i primi tentativi innovativi in Terra di Lavoro, insieme con il suo grande amico e collega Crescenzo Del Vecchio.

A Caserta i due trovarono in figure come Andrea Sparaco e Antonio de Core i compagni di strada ideali per dare inizio a una vera e propria rivoluzione dei linguaggi visivi in Terra di Lavoro. Tale cambiamento radicale ebbe inizio nella seconda metà degli anni Sessanta e durò per tutti i Settanta portando Caserta, in sinergia con Napoli, ai massimi livelli nazionali, grazie anche al contributo di un critico come Enrico Crispolti, scomparso proprio nei giorni scorsi, che tanto seppe valorizzare l'arte nel sociale.

La produzione di Gabriele Marino, pur essendo stata sempre in linea con la ricerca artistica internazionale, non ha mai tradito le origini. Essere atellano per l'artista ha avuto sempre il significato di non dimenticare mai una verve ironica e irriverente, di costruire incessantemente un sapiente gioco nella composizione delle immagini così come nell'articolazione della scrittura.

E spesso icone e parole si sono contrapposte e specchiate nelle opere di Gabriele Marino. È stata poi la formazione napoletana in un'epoca di grandi tensioni sociali e culturali a determinare un percorso creativo che si potrebbe definire come «pop partenopeo», una pop art che non si limita alla celebrazione acritica del consumismo ma ha un'energia dissacratoria, una vis polemica capace di contrapporsi alla sottocultura egemonica.

Il passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta è proprio contraddistinto dal cosiddetto «impegno», un'arte che non è mai fine a se stessa. Trascorsi i decenni, Gabriele Marino ha saputo sublimare il suo impeto rivoluzionario, elaborando un linguaggio sempre più raffinato, evocativo, comunque intriso di malinconica ironia, di «polvere di stelle». È una pittura che si guarda dentro e continua a interrogarsi sulla sua funzione. La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile fino a martedì 8 gennaio.
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