«Io, gay non dichiarato, vittima della gang:
ma non denuncio per paura, ho una moglie»

«Io, gay non dichiarato, vittima della gang: ma non denuncio per paura, ho una moglie»
di Mary Liguori
Sabato 22 Febbraio 2020, 08:00 - Ultimo agg. 17:22
3 Minuti di Lettura
«Da anni frequento le chat di incontri, ho un nickname, ogni volta che vado a un incontro temo di trovarmi di fronte qualcuno che conosco, ma poi ci penso: non corro alcun pericolo, in fondo abbiamo lo stesso segreto. Siamo omosessuali non dichiarati, con moglie e figli e una vita apparente da etero. È un segreto in comune, nessuno lo svelerebbe a rischio di essere a sua volta scoperto, ma dopo l’aggressione ho temuto che il mio castello di sabbia crollasse di colpo. Per questo ho preferito non denunciare. Mi avrebbero chiesto cosa ci facevo all’incontro, perché avevo un appuntamento con quel ragazzo che neanche sapevo che fosse minorenne, ovviamente. Mi avrebbero fatto delle domande alle quali avrei dovuto rispondere, poi ci sarebbe stato un processo e io avrei dovuto dire a tutti, alla mia famiglia, chi sono veramente». Giuseppe potrebbe essere una delle vittime della babygang sgominata ieri, lo hanno sequestrato e picchiato un anno fa, dopo che aveva preso un appuntamento in chat con un ragazzo che credeva essere gay. Ci ha contattati dopo che la notizia dell’arresto dei tre aggressori minorenni è stata divulgata ieri dai siti di informazione on line. 

Cosa le fa pensare che i ragazzini arrestati ieri a Caserta siano gli stessi che hanno aggredito lei?
«Quelle persone sono state adescate e assalite con le stesse modalità usate nei miei confronti. Avevo preso appuntamento con un uomo che diceva in chat di avere la mia stessa età. Ci accordammo per incontrarci in una zona isolata di Marcianise. Quando arrivai lì, inizialmente vidi solo un ragazzo. Solo dopo mi accorsi che erano in tre, ma era già troppo tardi. Fu un attimo: mi presero a schiaffi e pugni, mi chiusero in macchina e mi costrinsero a tirare il portafogli. Avevo solo 80 euro e nessuna carta di credito. Presero il denaro e fuggirono». 

Perché non li ha mai denunciati? Avrebbe potuto fermarli prima...
«Fa rabbia trovarsi in balia di tre ragazzini che sembrano bestie, fa rabbia non poter reagire, ma la paura più grande è quella che da sempre accompagna la mia vita. Sono un omosessuale non dichiarato con famiglia. Ho moglie e figli. Nessuno, neanche i miei più cari amici, conoscono la mia vera natura. Se tutto ciò saltasse fuori, la mia vita sarebbe distrutta. So che se fossero gli stessi ragazzini avrei potuto fermarli prima, se sono gli stessi mi sento responsabile per quanto è accaduto a quelle persone. Ma se anche tornassi indietro, farei la stessa scelta. Ho cinquant’anni, figli adolescenti, una moglie alla quale voglio bene. Ho scelto di non complicarmi la vita: trent’anni fa dire a tutti di essere gay, in un paese piccolo come quello in cui vivo, era ancora una condanna. Su questo sì, però, ho dei rimpianti: avrei dovuto tirar tutto fuori sin da subito, invece adesso la mia vita è un castello di bugie»
© RIPRODUZIONE RISERVATA