«Ho ucciso mia madre: arrestatemi»,
la confessione dello studente assassino

«Ho ucciso mia madre: arrestatemi», la confessione dello studente assassino
di Marilù Musto
Domenica 24 Maggio 2020, 11:00 - Ultimo agg. 16:10
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Si chiama Eduardo Chirico ed ha 24 anni. È lui lo studente universitario che ieri mattina ha ucciso la madre con 30 coltellate nel suo appartamento, nel centro storico di Caserta, lungo corso Trieste. Ha impugnato un coltello da cucina e ha colpito la mamma alla gola, al petto, al viso, al punto da renderla irriconoscibile: Rubina Chirico, 52 anni, una vita trascorsa in solitudine, con un figlio lontano, è morta uccisa dal suo unico amore. Lei era stata una ragazza-madre e non aveva mai avuto alcun aiuto dal padre del ragazzo che non aveva riconosciuto il bambino alla nascita.

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Zaino in spalla, capelli lunghi e bianchi, senza un filo di trucco e fan sfrenata del cantante Ligabue, la si vedeva passeggiare senza meta a Casagiove e alla periferia di Caserta. La vita di Rubina era così, prima che finisse per mano del figlio. Ieri, Eduardo, dopo aver assassinato la donna che lo aveva messo al mondo, si è lavato le mani ed è sceso in strada; ha poi raggiunto la questura di Caserta: «Ho ucciso mia madre, non ce la facevo più», ha detto al capo della squadra mobile, Michele Pota. Il movente del matricidio? Non è chiaro. Il ragazzo ha fornito versioni confuse della dinamica e del motivo del gesto.



Almeno trenta le coltellate inferte, senza pietà. Rubina ha urlato, ha implorato il figlio di fermarsi. Qualcuno nel palazzo l'ha ascoltata. Poco prima, madre e figlio erano scesi in strada ed erano rincasati dopo la spesa, intorno alle ore 9. Il negoziante di fronte al portone d'ingresso li ha salutati per l'ultima volta. «Non avevo mai visto il figlio - spiega ora - sabato è stata la prima volta». Poi, una discussione fra i due è andata per le lunghe ed è finita nel sangue. Eduardo viveva e studiava a Spello, in Umbria. Era tornato a Caserta perché la madre soffriva di solitudine e, probabilmente, di attacchi di panico. Lei, nei giorni scorsi, aveva presentato tre denunce alla polizia: «La notte delle persone entrano in casa, mi disturbano, io ho paura», aveva spiegato ai poliziotti. Il suo appartamento al secondo piano, però, ristrutturato da poco, era sicurissimo: per entrare c'è bisogno di una chiave che apra il cancello di ferro con margini appuntiti. Tutto sommato, Rubina non si sentiva al sicuro nella sua abitazione e il lockdown aveva acuito la sensazione di paura. Per gli altri - amici, conoscenti - era, probabilmente, invisibile. «Sono seduta sulla panchina e non ho voglia di rientrare a casa - aveva scritto sulla sua pagina Facebook, Rubina, il 27 Aprile - io sono sempre sola e ho camminato tanto, mi rendo conto che il problema non è il Covid, ma la gente che non ha civiltà. Che città la mia città!». Nessuna telefonata arrivava per giorni e giorni sul suo cellulare. Solo quelle del figlio, probabilmente. «La città è sconvolta», ha commentato il sindaco, Carlo Marino. «Il dolore di quella famiglia è il dolore di tutti noi, figlie e genitori. Diciamo tutti il nostro no alla violenza».

L'appartamento al secondo piano di corso Trieste è stato sequestrato, mentre il corpo di Rubina è stato portato nel reparto di Medicina Legale. È morta dissanguata, la povera donna. La polizia della questura di Caserta - diretta da Antonio Borrelli - ha disposto il fermo di Eduardo per omicidio volontario. Sul caso è impegnata la procura di Santa Maria Capua Vetere diretta da Maria Antonietta Troncone. 
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