«Una politica che fece infuriare Zagaria - spiega Cesaro - che avrebbe voluto ucciderlo, tanto che c'era un progetto di attentato ad ottobre 2008 con mitra e pistole, ma si decide di farlo cadere politicamente; il secondo progetto era di aprile 2009, dopo la sfiducia, e riguardava anche la moglie di Zara, la giornalista Tina Cioffo, ma anche in questo caso il boss decise che era meglio soprassedere». Cesaro si sofferma poi su quanto avvenne il primo ottobre 2008, quando Zara incontrò allo stadio comunale di Casapesenna Fortunato Zagaria e il consigliere comunale Luigi Amato, anch'egli imputato nel processo.
Il giorno prima erano stati catturati tre esponenti dei Casalesi facenti parte dell'ala stragista guidata da Giuseppe Setola, e Zara fece una nota in cui plaudeva all'operazione e auspicava la cattura di Zagaria e dell'altro latitante di allora Antonio Iovine (oggi collaboratore di giustizia); il primo ottobre la nota uscì sui giornali, e il pomeriggio, alle 15, Zara fu convocato allo stadio da Fortunato Zagaria. «Questi - ricorda il legale - lo minacciò, dicendogli: 'sei un cornuto, un uomo di merda, questo te lo manda a dire Michele Zagaria'. E ancora: 'farai la fine di Antimo Cangiano', un ex vice-sindaco di Casapesenna gambizzato nel 1989 dalla camorra, poi rimasto sulla sedia a rotelle fino alla morte, perché non aveva voluto concedere un appalto alla ditta del clan». Cesaro ricorda anche che «Zara, subito dopo l'elezioni, andò in Dda mettendosi a disposizione dei pm, e che in uno degli incontri, la funzionaria della polizia Silvana Giusti, gli rinfacciò di non sapere che Fortunato Zagaria era vicino al boss. Ma Zara - aggiunge Cesaro - era molto giovane, ed anzi era stato proprio Fortunato Zagaria ad individuarlo come sindaco, non potendo presentarsi perchè aveva già fatto due consiliature; pensava infatti di poterlo manovrare a suo piacimento e continuare a curare gli interessi del boss. Ma Zara cambiò marcia, tentò di smuovere le coscienze da un appiattimento generale, e fu fatto cadere».