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Il genero di Bidognetti svela gli affari del clan

Il parente del boss era il collegamento tra i capi rinchiusi in carcere e la famiglia

di Biagio Salvati
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 5 Dicembre 2022, 08:08 - Ultimo agg. : 15:04
3 Minuti di Lettura

Per motivi di opportunità, così come avviene in questi casi delicati e a rischio, la revoca ufficiale del suo legale di fiducia non è ancora stata formalizzata ma il pentimento di Vincenzo D'Angelo (nella foto in alto) - marito di una figlia del boss Francesco Bidognetti (nella foto in basso), detto «Cicciotto e mezzanotte» - è già diventata di dominio pubblico in paese da oltre 24 ore, quando è iniziata a girare la notizia dell'allontanamento da Casal di Principe dei familiari di «Biscottino».

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Lo chiamano così il genero di «Cicciotto» che si occupava di fare il messaggero tra famiglia e carcere dopo i colloqui con il boss. A seguirlo nella sua decisione, anche la moglie Teresa che ora sarà protetta. A saltare il fosso in passato è stato anche un altro figlio di Bidognetti, Raffaele così come il cugino Domenico detto «Bruttaccione» (Setola gli uccise il padre Umberto per ritorsione) e prima ancora Anna Carrino, compagna del boss, la cui scelta provocò un'altra vendetta trasversale, ovvero il tentato omicidio della nipote della donna. Insomma, se le collaborazioni con la giustizia dei suoi parenti stretti o meno stretti possono cambiare la posizione giudiziaria dei familiari ed evitargli il carcere, per «Cicciotto Mezanotte», oramai anziano ergastolano da quasi trenta anni in galera, saranno eventualmente nuove accuse che andranno ad aggiungersi a quelle precedenti. Irriducibile come il boss Francesco Schiavone detto «Sandokan» (detenuto da 24 anni, ma con figlio Nicola pentito e moglie nel programma di protezione) Bidognetti che di Sandokan era definito il braccio destro - ha altri due figli in carcere: Aniello e Gianluca, sui quali ora potrebbero catapultarsi le accuse dei parenti freschi pentiti.

Video

La decisione rapida di collaborare con la giustizia da parte del genero di Bidognetti, è maturata in maniera piuttosto rapida. Appena dopo il blitz dello scorso 22 novembre. Sembra che già qualche giorno dopo gli interrogatori (davanti al gip si era avvalso della facoltà di non rispondere), avrebbe prospettato alla Dda di voler vuotare il sacco: ora avrà 6 mesi di tempo per riferire fatti e circostanze sulle attività camorristiche di cui è a conoscenza che dovranno ovviamente avere i dovuti riscontri. Gli arresti coinvolsero oltre che Teresa anche l'altra figlia di Bidognetti, Katia, arrestata nella residenza di Formia dove si era trasferita e dove insieme alla sorella avrebbe proseguito a percepire proventi di natura delittuosa, come ipotizzato dalla Dda e, sulle quali, ora potrebbe fare luce proprio il neo pentito Vincenzo D'Angelo.

Due le fazioni individuate dagli inquirenti con gli ultimi 37 arresti che, secondo l'accusa, sarebbero state ancora attive nell'ambito camorristico. Per quanto riguarda il gruppo Bidognetti è emerso che sarebbe ancora strutturato grazie ai figli dello storico boss. In particolare, il clan sarebbe stato gestito da Gianluca «Nanà» Bidognetti, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare il progetto omicidiario in pregiudizio di Attilio Guida, zio di Emilio Martinelli, legato storicamente alla fazione degli Schiavone allo scopo di ridimensionare la sua ascesa criminale all'interno del clan.

Più che galleggiare sottotraccia il clan dei Casalesi per gli inquirenti sarebbe vivo e vegeto, pienamente operativo, portato avanti nelle sue tradizionali attività - dalle estorsioni al controllo di aziende in settori come le pompe funebri - dalle seconde generazioni, i figli dei boss fondatori, quelli ancora non pentiti.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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