Inchiesta Erreplast game over
al Riesame: dissequestrati i beni

Inchiesta Erreplast game over al Riesame: dissequestrati i beni
di Marilù Musto
Mercoledì 18 Settembre 2019, 10:53 - Ultimo agg. 11:21
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Crolla l'inchiesta della Procura Antimafia di Napoli costruita sui fratelli Antonio e Nicola Diana. Almeno in questa fase. E soprattutto dopo la «bocciatura» della Cassazione due volte su due delle misure cautelari. I destinatari del sequestro sono i figli dell'imprenditore Mario, ucciso dalla camorra negli anni 80 perché osò ribellarsi al pizzo del clan dei Casalesi. Ieri, la decima sezione del tribunale del Riesame di Napoli ha disposto la restituzione di beni societari ai due imprenditori (presidente e vicepresidente della Fondazione Diana dedicata al genitore morto per mano dell'ex boss Antonio Iovine o'Ninno) e allo zio Armando, di Casapesenna, coinvolti il 15 gennaio in un'inchiesta della Dda. I tre sono accusati di concorso esterno in associazione camorristica.
 
La decisione è successiva all'annullamento con rinvio del sequestro stabilito dai consiglieri di piazza Cavour. E così, gli imprenditori liberati a maggio, dopo aver trascorso quattro mesi e mezzo agli arresti domiciliari (arresti non necessari secondo i magistrati giudicanti), potranno tornare a lavorare. La Cassazione, infatti, quattro mesi fa, decise di annullare senza rinvio l'ordinanza del Riesame di Napoli, decima sezione anche quella, nonostante il gip del tribunale Maria Luisa Miranda avesse aderito all'impianto accusatorio della Procura Antimafia napoletana, pm Maurizio Giordano e Alessandro D'Alessio. I Diana - difesi dagli avvocati Carlo De Stavola e Claudio Botti - soo considerati testimonial dell'Antimafia e gestiscono un gruppo imprenditoriale che opera in diversi settori. Fra le varie società spicca la Erreplast, pioniera nel riciclo di plastica in provincia di Caserta che si trova nella zona industriale di Gricignano d'Aversa. I due fratelli hanno scelto di farsi giudicare con tiro immediato dai magistrati del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dopo lo spostamento del processo dal palazzo di giustizia di Napoli nord.

Una vittoria della difesa, dunque, per nulla scontata perché il sequestro dei beni segue una linea diversa e indipendente dalla custodia cautelare emessa nei confronti degli indagati. La decisione del Riesame, presidente Elena Valente, rimette tutto in discussione. Già da oggi tutte le società nelle mani dell'amministratore giudiziario dovranno essere restituite ai legittimi proprietari.

I Diana saranno al lavoro da oggi nello loro aziende, ma si dovranno ancora difendere nel processo dalle accuse della Procura di Napoli che ha portato all'attenzione del gip i verbali dei collaboratori di giustizia. Fra gli altri, proprio quelli di Antonio Iovine, omicida del padre dei due fratelli di Casapesenna. Per la corte di Cassazione - si legge fra le righe della motivazione dell'annullamento - i soli collaboratori di giustizia non bastano a chiarire la contropartita che sarebbe andata ai Diana dal pagare il pizzo a Zagaria: il danaro è stato effettivamente versato, e i Diana hanno denunciato anche se, secondo la Dda, in ritardo; i due fratelli sono stati vessati con modalità meno aggressive toccate ad altri imprenditori, tuttavia - per i magistrati - non viene esplicitato quale sia stato il vantaggio per i Diana dall'avere versato la quota a Zagaria.
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