Indagine per estorsione a mezzo stampa
sul giornalista che ha inventato gli attentati

Indagine per estorsione a mezzo stampa sul giornalista che ha inventato gli attentati
di Mary Liguori
Mercoledì 20 Maggio 2020, 08:15 - Ultimo agg. 13:06
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C’è anche una indagine per alcune tentate estorsioni a mezzo stampa su Mario De Michele, il giornalista indagato con l’accusa di avere inscenato un attentato ai suoi danni dopo avere ottenuto la scorta per un precedente episodio intimidatorio.

Lo ha denunciato, tra gli altri, il sindaco di Parete, Gino Pellegrino, riferendo ai carabinieri che dopo aver annullato i contratti di pubblicità sul sito di informazione diretto fino a qualche giorno fa da De Michele, si è ritrovato vittima di una campagna diffamatoria. Il primo cittadino, che è anche titolare del Museo del Cane e di una struttura alberghiera, stipulò con De Michele contratti pubblicitari per alcune migliaia di euro tra il 2016 e il 2017. «Quando decisi di interrompere i contratti De Michele iniziò a presentarsi al Comune continuamente, a telefonarmi in maniera assillante perché riprendessi a comprare spazi pubblicitari sul suo sito. Usava toni minacciosi, tant’è che lo cacciai via dal mio ufficio». Da quel momento, secondo Pellegrino, il giornalista pubblicò una serie di articoli denigratori e dal contenuto falso sul suo conto.

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«Dopo decine di articoli di questo tenore, lo denunciai per tentata estorsione a mezzo stampa». Era il mese di dicembre del 2019, poche settimane dopo il primo agguato denunciato da De Michele quello in cui, secondo il suo racconto, uomini armati a bordo di un’auto tentarono di ammazzarlo a colpi di pistola. L’attentato che portò al conferimento della scorta e che De Michele continua a sostenere essere opera di persone che aveva denunciato con le sue inchieste giornalistiche. I successivi due episodi intimidatori, una lettera con proiettili a gennaio e una stesa contro casa, sono stati invece oggetto della drammatica confessione del giornalista davanti al pm. «Volevo attirare su di me l’attenzione: dopo mesi in tv, durante il lockdown, nessuno pensava più a me» ha riferito al magistrato. 

Dopo l’apertura del fascicolo per simulazione di reato, calunnia e armi, emergono una serie di altre denunce che hanno avuto negli anni per oggetto il giornalista di Cesa. Non solo querele per diffamazione, «fisiologiche» del mestiere di cronista, ma anche presunte richieste di soldi e vere e proprie campagne denigratorie nei confronti di altri giornalisti del territorio. «Mi auguro che a questo punto si faccia chiarezza anche su tutto il pregresso - dichiara Pellegrino - L’anno scorso, quando lo denunciai per tentata estorsione a mezzo stampa e per la campagna diffamatoria nei miei confronti, in tanti manifestarono la propria solidarietà al “giornalista anticamorra” e non a me. Allora sostenevo che la verità giudiziaria era molto diversa». 

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