Indiano morto nella masseria,
denunciati i titolari dell'azienda

Indiano morto nella masseria, denunciati i titolari dell'azienda
di Fabio Mencocco
Sabato 9 Febbraio 2019, 12:00
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CANCELLO ED ARNONE - È morto per cause naturali Mallaya Singh Sarbject, lavoratore indiano di 32 anni trovato morto all'interno di una masseria di Cancello ed Arnone, gestita da due uomini di San Cipriano d'Aversa. I due sono indagati perché facevano lavorare l'indiano senza regolare contratto e viveva in pessime condizioni igienico sanitarie. Inoltre, all'interno della struttura c'erano anche altri lavoratori senza regolare contratto e permesso di soggiorno.

Il 32enne, però è stato colto da un malore, questo quanto confermato dall'autopsia svolta sul suo corpo. Ad accorgersi della morte dell'indiano sono stati proprio i proprietari dell'azienda bufalina che hanno telefonato al 118. Sul posto sono giunti anche i carabinieri della stazione e della compagnia di Casal di Principe, guidata dal capitano Luca Iannotti. Sulla questione anche i responsabili della Flai Cgil di Caserta, che da tempo ha sollevato il problema dello sfruttamento dei lavoratori indiani nelle aziende bufaline. «Purtroppo questa morte non fa altro che rimarcare la drammaticità di questa vertenza; orari di lavoro massacranti, lavoro nero e sottosalario sono negatività che macchiano un settore che produce un prodotto d'eccellenza di questa provincia», dice Tammaro Della Corte della segreteria provinciale dalla Flai Cgil.
 
Una dichiarazione che riaccende i riflettore su un problema oramai atavico, ovvero quello dello sfruttamento indiscriminato di lavoratori, per lo più indiani, all'interno degli allevamenti bufalini. Anche se in questo ultimo caso si tratta di morte naturale, i proprietari facevano comunque lavorare il dipendente in nero. Come tanti altri dipendenti al seguito degli allevamenti bufalini Mallaya viveva in una casa non distante dal posto di lavoro, così da essere quasi o sempre disponibile per lavorare. I turni massacranti a cui sono soggetti questi lavoratori sono uno degli aspetti più oscuri di una vicenda, sollevata già lo scorso anno proprio da Il Mattino attraverso un'intervista ad alcuni indiani che operano sul territorio del basso Volturno, principalmente nelle aziende distribuite tra Grazzanise, Cancello ed Arnone, Castel Volturno e Santa Maria la fossa, il vero cuore pulsante della produzione di mozzarella di bufala. Molte di queste aziende assumono come lavoratori indiani di religione sikh e molti provengono dalla regione nordoccidentale del Punjab.

Tanti sono costretti a turni che li impegna per dieci, dodici o quattordici ore dal giorno: dall'alba fino al tramonto, sempre a stretto contatto con le bufale. Gli indiani governano le bestie, lavorando molto spesso in nero e senza alcun diritto. C'è chi, invece, lavora con il contratto con la busta paga falsa, in cui la maggior parte dei profitti viene trattenuta dal padrone. In questo contesto si inseriscono anche le condizioni di vita in cui versano spesso i lavoratori, che a volte vivono con un'intera famiglia in poche stanze ed in condizioni igienico sanitarie pessime, tanto che spesso si ammalano. C'è chi per sopportare la fatica del lavoro e del tanfo delle bufale si dà all'alcol ed infatti tanti soffrono di malattie come cirrosi epatica. Ma questo è uno dei modi per sottrarsi alla realtà, per sopportare le lunghe giornate di lavoro, altrimenti interminabili.

La morte di Mallaya non è la prima che si registra nel territorio del basso Volturno. Sono tanti gli indiani morti in aziende bufaline c'è chi muore investito da un'automobile, chi invece perde la vita in un rogo, quello causato dal malfunzionamento di una stufa elettrica tenuta all'interno della roulotte parcheggiata a pochi passi dall'azienda, come avvenuto a Grazzanise solo qualche anno fa. Situazioni drammatiche che si ripercuotono anche sui figli dei lavoratori, costretti anch'essi a vivere in condizioni precarie. Della questione si è interessata più volte la Flai Cgil di Caserta, cercando di sensibilizzare i lavoratori facendogli conoscere i propri diritti.
 
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