Jabil non vuole saperne: da febbraio in 190 a casa

Nulla di fatto al summit al ministero

Jabil non vuole saperne: da febbraio in 190 a casa
di Franco Agrippa
Mercoledì 25 Gennaio 2023, 09:47 - Ultimo agg. 10:56
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Fumata nera al termine dell'incontro fiume svoltosi ieri pomeriggio presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) sulla vertenza Jabil, che lo scorso 23 settembre ha annunciato 190 licenziamenti dei lavoratori sui 440 attualmente in forza allo stabilimento. Il tavolo con i sindacati, i delegati del ministero e l'azienda si è concluso senza un nulla di fatto, con i rappresentanti della multinazionale che si sono mostrati inamovibili dalla decisione di un licenziamento collettivo per ridurre drasticamente il personale nel sito di Marcianise. Addirittura hanno rifiutato la proposta fatta dai delegati del ministero sulla proroga di un altro mese di cassa integrazione, che poteva servire a trovare proposte alternative, ribadendo che dal primo febbraio partiranno le lettere di licenziamento.

L'irrigidimento dell'azienda ha fatto, in pratica, saltare il tavolo di trattativa, per cui i sindacati e le rsu hanno proclamato da oggi lo stato di agitazione.

Mentre si svolgeva l'incontro circa 200 lavoratori Jabil hanno presidiato via Molise, dove ha sede il Mimit, per far sentire con forza la loro voce e chiedere al Governo di intervenire in modo concreto per bloccare i 190 licenziamenti che scatteranno dal prossimo 31 gennaio e trovare una soluzione condivisa per risolvere una vertenza che dura da anni. In preparazione alla riunione di ieri, lunedì pomeriggio si è tenuta presso i cancelli dell'azienda un'assemblea aperta a cui hanno partecipato le organizzazioni sindacali di categoria territoriale e regionale, i confederali provinciali e i deputati eletti sul territorio. A nulla sono valsi gli appelli che univocamente gli intervenuti hanno lanciato alle istituzioni di fermare subito il provvedimento di licenziamento e chiedere un piano industriale serio e con una regia pubblica.

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Tutti hanno ribadito che le vicende di Jabil, dei fallimenti delle reindustrializzazioni, come per Softlab e Orefice, devono vedere un impegno fattivo delle istituzioni, locali, regionali e nazionali. Senza una visione industriale seria, senza un intervento straordinario del Governo, risulta irricevibile qualsiasi proposta che non sia realmente risolutiva. Nelle scorse settimane i sindacati hanno bocciato il piano di reindustrializzazione presentato da Jabil, bollandolo come «irricevibile».

Il piano prevedeva che i dipendenti, una volta licenziati da Jabil, avrebbero dovuto poi essere riassunti, a spese della stessa Jabil come avvenuto in passato con il ricollocamento in altre aziende come Softlab e Orefice, in una nuova società creata dalla Tme di Portico di Caserta e da Invitalia (società del ministero dell'Economia). «Un progetto che per ora non ha neanche uno stabilimento - hanno ribadito i sindacati - e che i lavoratori Jabil hanno bocciato per evitare di ritrovarsi nella situazione dei tanti colleghi ricollocati in Softlab e Orefice, due casi di reindustrializzazioni fallite».

Dal prossimo 31 gennaio infatti, con la scadenza della cassa integrazione già più volte prorogata proprio per allungare i tempi del confronto, la Jabil potrà iniziare ad inviare le lettere di licenziamento ai 190 lavoratori individuati tra i 440 totali dello stabilimento di Marcianise. Lo scorso 23 settembre, la multinazionale comunicò la volontà di un licenziamento collettivo, «un provvedimento come sottolineato dall'azienda annunciato già da due anni e revocato durante l'intera fase di emergenza Covid, in accordo con i ministeri coinvolti e le organizzazioni sindacali. Il deterioramento delle condizioni globali di mercato aggiunse in un comunicato ufficiale non consente all'azienda di attendere oltre, rendendo inevitabile l'avvio della procedura di licenziamento per i 190 lavoratori in esubero del sito di Marcianise».

Nel corso di questi mesi alle manifestazioni di protesta messe in atto dai lavoratori presso le sedi delle istituzioni e agli appelli inviati alla presidente del Consiglio Meloni, alla console americana a Napoli e direttamente alla sede americana dell'azienda, c'è stato l'interessamento della Regione e del Mimit, con l'unico risultato della proroga al 31 gennaio dei licenziamenti.

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