Katiuscia Gabrielli uccisa dal compagno: «In Comune non c'è l'atto di morte»

Il paradosso: la sentenza del 2012 non è stata trasmessa al Comune di Castel Volturno

Katiuscia Gabrielli
Katiuscia Gabrielli
Marilu Mustodi Marilù Musto
Martedì 22 Novembre 2022, 08:58 - Ultimo agg. 28 Novembre, 10:43
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«Non riusciamo a certificare la morte di nostra sorella Katia in Comune, serve la sentenza definitiva dei giudici trasmessa negli uffici comunali di Castel Volturno». A spiegarlo è Anna Gabrielli, sorella di Katiuscia, bella e giovane, morta a soli 25 anni a Castel Volturno per mano del compagno: Giuseppe Cervice, ex pizzaiolo, condannato per l'omicidio della donna a 24 anni di carcere.

Il paradosso sta nel fatto che la sentenza emessa nel 2012 dai giudici di Santa Maria Capua Vetere e poi dalla Cassazione (decisione definitiva), non è stata trasmessa a Castel Volturno. «Io consegnai all'epoca la sentenza in formato cartaceo al padre di Katia», spiega l'avvocato Raffaele Russo, difensore della famiglia Gabrielli.

Ma il papà della vittima è deceduto qualche tempo fa e della sentenza non è rimasta traccia. 

Così, l'avvocato Russo promette: «Mi impegnerò a richiederla nuovamente». Un «inghippo» che dovrebbe risolversi con l'impegno di tutte le parti in causa, ma lo sbrigo delle faccende burocratiche non allevierà il dolore della famiglia. «Mia sorella era bellissima, ora non abbiamo nemmeno una tomba su cui piangerla», spiega Anna Gabrielli. Aveva un sorriso contagioso. Katia si era innamorata di Giuseppe da giovanissima e non lo aveva più lasciato. Fu lui, però, secondo il tribunale, a farla scomparire: i resti non sono mai stati trovati. Il motivo? Per i giudici Katiuscia fu uccisa e bruciata nel forno della pizzeria di famiglia. Nel 1999 Giuseppe Cervice - quattro figli da tre donne diverse - ristrutturò il forno della pizzeria di Catel Volturno un mese dopo la scomparsa della consorte. «Si è allontanata volontariamente - continuava a ripetere in quegli anni a parenti e amici - io non so dove sia».

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Per i magistrati del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quel pizzaiolo l'aveva uccisa la notte tra l'otto e il 9 settembre. Gli indizi a riguardo, però, erano pochi. I Ris, chiamati a indagare sul fatto, nel novembre dello stesso anno trovarono nei cassonetti dei rifiuti solo pochi resti di cenere, residui della ristrutturazione, che non vennero comparati con il Dna di Katia perché poca era quantità del materiale sequestrato. Ma le altre prove bastarono per i giudici Elvi Capecelatro, a latere Maria Chiara Francica. Due giudici, donne, che hanno ricostruito - nel 2021 - in maniera minuziosa con prove, indizi e coincidenze, la vera storia di Katiuscia e del suo amore per Giuseppe. A portare avanti l'accusa fu il pm Ilaria Sasso Del Verme. Ora, in prossimità del 25 Novembre, giornata dedicata alle vittime della violenza sulle donne, il nome di Katiuscia rimbomba ancora di più. 

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