Maxisequestro nel Casertano. Sequestrati 60 milioni al patron del Pellicano

Il patron del franchising - famosissimo in Campania - arrestato e poi rilasciato dal tribunale del Riesame di Napoli nel 2021

Uno dei punti vendita del Pellicano
Uno dei punti vendita del Pellicano
di Marilù Musto
Mercoledì 22 Febbraio 2023, 08:31 - Ultimo agg. 15:45
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Un patrimonio del valore di 60 milioni di euro disseminato in tutta la provincia di Caserta e anche oltre. I punti vendita di prodotti alimentari - del marchio «Pellicano» - e le società riconducibili al gestore dei supermercati sono a Caserta, Aversa, Marcianise, Capua, Santa Maria Capua Vetere, Castel Volturno, Mondragone, Casagiove, Casapulla, San Prisco, Recale, San Nicola la Strada e Alvignano. Lui, il patron del franchising - famosissimo in Campania - arrestato e poi rilasciato dal tribunale del Riesame di Napoli nel 2021 (con conferma dell'annullamento del provvedimento della Cassazione) era precipitato una prima volta in un'indagine dei Ros chiamata «Scettro» il 22 gennaio del 2021.

Ieri, sempre e solo lui, imprenditore-titolare della «Pellicano srl», è stato colpito da un nuovo provvedimento notificato dai carabinieri del ros e i finanzieri del comando provinciale di Caserta. Si chiama Paolo Siciliano, nel giro di due anni, è passato dall'apice della carriera di investitore nell'area del casertano, ad aziendalista sospettato di fare affari con la camorra; da vittima di una serie di furti nei market e collaboratore delle forze di polizia (al punto da fornire prove per far arrestare i ladri), a imprenditore colpito da maxi-sequestri della magistratura. A mischiare le carte e a far emergere la verità d'indagine sono state le forze dell'ordine che hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale con sequestro di beni mobili e immobili, emessa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione Misure di Prevenzione, su proposta della Procura della Repubblica di Napoli

Il tribunale delle Misure di prevenzione segue, di fatto, una strada parallela all'inchiesta ordinaria, ma è libera dalle «maglie» della Procura da cui riceve la richiesta di chiudere a chiave i beni in possesso della persona indagata.

E così, stavolta, a «inchiodare» l'imprenditore Siciliano ci sarebbero alcuni contatti fra l'impresa di grande distribuzione di alimenti presente in tutta la provincia di Caserta e oltre e i nipoti del capoclan dei Casalesi (ora ristretto al 41 bis nel carcere di Cagliari), figlie della sorella Beatrice Zagaria. Non solo. Ciò che ha fatto convincere i giudici di Santa Maria Capua Vetere ad emettere il sequestro di primo grado sarebbero stati alcuni episodi di cambio di assegni per conto del clan Belforte di Marcianise. Su questo punto, per smontare la serie di ricostruzioni dei giudici, stanno lavorando gli avvocati dello studio di Alfonso Furgiuele che difendono Siciliano.

Solo qualche mese fa l'imprenditore denunciò alla polizia di Caserta e fece arrestare alcuni ladri che avevano rubato merce nella sede del suo supermercato a Casapulla. Siciliano è imputato in un processo nel tribunale samaritano insieme a un boss dei Belforte ed è stato arrestato nel 2022 per reimpiego di capitali derivanti dall'usura, misura poi annullata dal tribunale del Riesame di Napoli. Il provvedimento di ieri è nato dalle indagini anche di tipo patrimoniale eseguite dal raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e dalla compagnia della guardia di finanza di Marcianise, delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

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Tanti sarebbero gli indizi qualificati in ordine alla presunta pericolosità di Siciliano e alla formazione illecita delle sue attività, considerata la vicinanza anche al clan Belforte e al clan dei Casalesi gruppo Zagaria, titolare di otto aziende operanti nella provincia di Caserta, attive nel settore immobiliare, edile e della grande distribuzione e commercio all'ingrosso di prodotti alimentari, a cui fa capo una catena di supermercati presenti con 21 punti vendita nella provincia di Caserta.

I magistrati del tribunale di Santa Maria hanno disposto il sequestro di conti correnti, quote societarie e relativi beni strumentali, per un valore di circa 60 milioni.

Un altro punto a sfavore di Siciliano è stata la sua assunzione di Filippo Capaldo. Il nipote del capoclan di Casapesenna Michele Zagaria, una volta scarcerato, nel 2018, si fece assumere come operaio proprio da Siciliano, riuscendo così a seguire da vicino il suo business imprenditoriale. Ora, Siciliano dovrà difendersi dalle accuse anche davanti al tribunale delle Misure di prevenzione.

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