Litorale Domizio, i posti letto
e le regole che non si rispettano

Litorale Domizio, i posti letto e le regole che non si rispettano
Litorale Domizio, i posti letto e le regole che non si rispettano
di Marilù Musto
Venerdì 20 Marzo 2020, 16:46
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I malati di oggi sono i contagiati di ieri, eppure questo nuovo paziente positivo al Covid-19, in attesa al pronto soccorso della clinica Pineta Grande di Castelvolturno, appare diverso. Non si sa dove spostarlo, da mercoledì scorso è nel settore emergenza della clinica in un limbo senza fine. È arrivato con i sintomi del Coronavirus mercoledì mattina: il tampone, il primo, ha dato subito il responso positivo. «Vorrei spostarlo oppure potrei trattarlo, ma vorrei indicazioni dalla Regione o dagli altri ospedali. Al momento mi dicono che non ci sono posti disponibili negli altri reparti delle strutture pubbliche», spiega Beniamino Schiavone. È lui che guida il Pineta Grande dopo l’arresto del padre, Vincenzo Schiavone, medico-imprenditore che ha scommesso sul litorale casertano e ora è in soggiorno obbligato fuori regione, così come disposto dai giudici. Nella clinica sono disponibili 70 posti letto per nuovi degenti (fra rianimazione e terapia intensiva), ma il via libera della Regione sembra ritardi, nonostante un patto siglato con l'Asl. Intanto, per le strade di Castelvolturno non c’è nemmeno bisogno che parta un ordine, i migranti – prevalentemente africani - si fanno legge da soli: stipati in auto, vecchi modelli, con le mascherine; in dieci in attesa alla fermata del bus lungo la statale domiziana, in continuo andirivieni sui marciapiedi oppure nascosti nei casotti abbandonati. Come si fa a contenere un virus qui quando non si riescono nemmeno a contare gli abitanti extracomunitari? Eppure, qualcosa bisognerà pur fare. Diecimila stranieri senza documenti si sono autoisolati da quando è scoppiata l’emergenza, ma la quarantena è un po’ come viene. Anche perché molti stranieri se non lavorano non guadagnano, quindi non sopravvivono. L’allarme del sindaco di Castelvolturno, Luigi Petrella, lanciato una settimana fa sembra sia stato accolto dal governatore De Luca.

«Non siamo in grado di fare i controlli a tappeto con i soli vigili urbani», ha dichiarato Petrella. Ieri sono arrivati i primi militari dell’esercito in provincia di Caserta per evitare che la popolazione continui a uscire dalle abitazioni in maniera disordinata, senza rispettare le regole della quarantena. Ma potrebbe essere troppo tardi: Castelvolturno è una bomba a orologeria, un territorio senza regole con un masterplan e un porto che stentano a decollare, mentre la popolazione si contagia. A Mondragone, poco distante, c’è stato addirittura un morto. «Sono in riunione», spiega ildirettore generale dell'Asl di Caserta, Ferdinando Russo. Temporeggia, ma poi risponde. Il nodo è uno solo: affrontare l’emergenza Coronavirus in un’ampia zona dove si vive una quotidiana apocalisse. E qui, al centro dell’infarto sociale più buio d’Italia, si può fare solo in un modo: con l’esercito e gli ospedali. «Con le due cliniche che hanno posti in rianimazione abbiamo predisposto un protocollo sottoscritto dai due direttori affinchè siano disponibili a mettere a disposizione i posti letto in Rianimazione per la ricezione di pazienti “no Covid-19” - spiega Russo - quelli, ad esempio, con urgenze traumatologiche e i post-chirurgici». Ed è vero. Le uniche due strutture private presenti in provincia di Caserta con Rianimazione e Terapia intensiva sono la clinica San Michele a Maddaloni e la Pineta Grande a Castelvolturno. Ma su un punto non coincidono le versioni di Asl e clinica. «La scorsa settimana il funzionario Pasquale Di Girolamo ha incontrato i due direttore delle cliniche convenzionate, è stato siglato un protocollo», racconta il manager Russo.

«Abbiamo formalizzato all’Asl di Caserta la messa a disposizione dei posti letto, ma siamo in attesa di una risposta definitiva dalla Regione», dice, invece, Beniamino Schiavone della Pineta Grande. Insomma, non c’è ancora il via libera dell'organismo regionale creato ad hoc in Regione per accogliere pazienti nell’unica struttura ospedaliera del litorale Domizio, mentre il contagio avanza verso il Sud. A Maddaloni la clinica San Michele ha già sottoscritto il patto: «Abbiamo, in tutto, 21 posti in Rianimazione e già ieri è arrivata la prima paziente con infarto, intubata, proveniente da un ospedale pubblico», dice Lidia Barletta, direttrice della San Michele. «Se ci sono incentivi economici per noi? No, vale il piano corrente. Diamo solo la nostra massima disponibilità». Vale dunque il Drg di sempre. «C’è da dire una cosa, però – aggiunge Barletta – noi siamo attrezzati per accogliere pazienti no Covid, ma ho fatto qualche telefonata a colleghi del Nord Italia, i quali mi hanno spiegato che in caso di raggiungimento del picco massimo di contagi è possibile che ci chiedano anche di accogliere persone con Coronavirus, per questo siamo attrezzati sin da ora, non ci faremo trovare impreparati». Dunque, il problema resta il litorale Domizio. Antonio Casale del centro Fernandes cerca di fare previsioni: «Se l’informazione sulle regole di comportamento in questo periodo non passeranno, sarà la catastrofe. Ma sono fiducioso – dice – abbiamo persino creato dei video con lingue diverse per spiegare a tutti che bisogna uscire il meno possibile, ma qui l’esigenza di portare a casa il pezzo di pane è tanta. Forse c’è bisogno di un sostegno materiale, più che informativo».
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