«Massimo Troisi. Il mio verbo preferito è evitare», il libro di Veneruso al Capua il luogo della lingua festival

In platea anche Annamaria, l'amata sorella di Troisi e madre di Veneruso

Stefano Veneruso
Stefano Veneruso
di Mariamichela Formisano
Lunedì 5 Giugno 2023, 18:10
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Capua il luogo della lingua, il festival che da diciotto edizioni celebra i linguaggi della cultura in ogni coniugazione nella città del Placito Capuano, primo documento scritto in volgare datato 960 d.C., non poteva non fare omaggio alla lingua di Massimo Troisi.

E lo ha fatto, in occasione del 70esimo anniversario della sua nascita, dedicando all'uomo e all'artista una giornata di incontri che ha visto in platea un'ospite d'eccezione: Annamaria, sorella maggiore e amatissima dell'attore e madre di Stefano Veneruso, oggi regista, sceneggiatore e produttore  che al pubblico del festival ha raccontato il rapporto affettivo e professionale con lo zio Massimo Troisi.

E proprio Stefano Veneruso,  autore del libro "Massimo Troisi. Il mio verbo preferito è evitare" (Rizzoli), ha inaugurato la giornata che, moderata dal critico cinematografico Francesco della Calce, è stata arricchita dagli interventi di Anna Pavignano, sceneggiatrice dei film di Troisi, compagna di vita e autrice del libro “Da domani mi alzo tardi” (Edizioni e/o) dal quale Stefano Veneruso ha liberamente tratto la sceneggiatura per l'omonimo film.

L'evento, in collaborazione con il Mitreofilmfestival, ha visto anche la partecipazione di Gaetano Daniele, storico produttore dei film di Troisi tra cui il film capolavoro “Il Postino”. 

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«Con Massimo avevamo quindici anni di differenza - racconta Stefano Veneruso -.

Lui è nato il 19 febbraio 1953 ed io il 26 dicembre 1968. Siamo cresciuti in una famiglia sanissima. Mia madre Annamaria è la sorella maggiore e Massimo era il quinto di sei figli. Il loro è stato un rapporto fortissimo, molto tenero, di grande affetto. Anche se in famiglia nessuno era artista, allo stesso tempo artisti lo erano e lo sono un po’ tutti, artisti per come affrontavano e affrontano la vita».

"Il mio verbo preferito è evitare" è un percorso nella vita artistica e privata di Massimo Troisi, scritto da suo nipote. Un libro affettuoso, un omaggio per parole e immagini, molte delle quali inedite e provenienti dall’archivio privato della famiglia che raccontano anche di Stefano e Massimo: solo una quindicina di anni a separarli e un solido rapporto affettivo e professionale a legarli. Fu lo zio Massimo infatti a incoraggiare il nipote a seguire la comune passione per il cinema e quando nacque il progetto de "Il Postino" lo volle con sé come assistente alla regia. Con il nipote, Massimo trascorse la sua ultima sera: un giro lungo e lento dentro a Cinecittà come per prenderne congedo e poi a letto per l’ultimo “riposone” da cui non si è più svegliato. Proprio quel giorno Stefano sarebbe dovuto partire per assistere lo zio durante la sua degenza per il trapianto a Londra. Non ce n’è stato il tempo.

«Il titolo scelto per questo libro rimarca una sua caratteristica caratteriale, la ritrosia - spiega Stefano Veneruso - E io, avendo avuto questa fortuna immensa di stargli assai vicino, ho avuto modo di conoscere questa pratica del verbo "evitare" che lui metteva realmente in atto. Perché lui non amava dire quello che si doveva fare e come farlo, ma dava esempi giganteschi».

E tra le tante foto raccolte nel suo libro, Stefano Veneruso individua in quelle del periodo de "Il Postino", quelle che meglio raccontano Massimo.

«Per me quello fu un momento particolare - spiega Veneruso - quello in cui ho vissuto Massimo costantemente. E ho tantissimi ricordi di quel periodo con lui e che ho raccontato in questo libro. Ma la prima cosa  che mi viene in mente pensando a lui è  il coraggio: da come si è posto fin dalle prime apparizioni in televisione, con la sua lingua, la sua idea condivisa prima con "La Smorfia" e poi  perseguita per sempre, con traiettorie uniche e somiglianti a nulla d'altro. Una strada precisa che con "Il Postino" ha chiuso il cerchio. Ed è stato quello un film che in quegli anni, vi assicuro, fu fatto perché era Troisi a farlo, e nel quale non credeva nessuno. E mi piace sottolineare che è solo grazie alla Miramax, due anni dopo la prima uscita, che "Il Postino" riuscì a camminare sulle sue gambe, a far conoscere Massimo Troisi e il suo film in tutto il mondo, che lo ha amato e lo ama follemente».

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