Mozzarella, l'oro bianco:
40 anni e non sentirli

Mozzarella, l'oro bianco: 40 anni e non sentirli
di Nando Santonastaso
Venerdì 25 Giugno 2021, 07:00 - Ultimo agg. 21:03
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Quarant'anni dopo è sempre lei a stupire. Lei, la bufala campana da cui deriva la mozzarella Dop, quarto formaggio italiano per valore della produzione, ma il cui latte un domani potrebbe essere utile anche come coadiuvante nella lotta ad alcuni tumori. Saranno le ricerche già avviate a confermarlo ma intanto è proprio al futuro che guarda il Consorzio di Tutela, che ieri ha celebrato il quarto decennio di attività al Palazzo reale di Caserta (dove ha sede) concedendo forse non a caso molto poco al passato e alle origini della sua attività (e sotto questo profilo si poteva fare decisamente di più). Il futuro vuol dire appunto, ricerca, ma anche export, formazione, valorizzazione del capitale umano e soprattutto innovazione: ed è stato proprio il rapporto tra quest'ultima e il rispetto della tradizione agroalimentare di eccellenza il tema di fondo della giornata. Perché, come ribadisce il ministro per le Politiche agricole Stefano Patuanelli, per la prima volta alla Reggia, la svolta 5.0 anche in agricoltura è inevitabile ma servirà comunque tempo come in ogni transizione che si rispetti: «Saremo sempre di più nel pianeta: tra 30 anni arriveremo a 10 miliardi e avremo sempre meno terra a disposizione. Quindi dobbiamo innovare perché bisogna continuare a produrre i prodotti della terra e garantire l'esistenza delle nostre eccellenze», dice l'esponente del Movimento 5 Stelle chiudendo il meeting.

Ma cosa vuol dire innovare conciliando la tradizione? Un'indicazione piuttosto chiara arriva dal presidente del Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala campana Dop, Domenico Raimondo: «Vuol dire sburocratizzare il più possibile i processi, favorire i contratti di filiera, aprire nuove opportunità per la formazione dei giovani in tutte le fasi della filiera», spiega. Ma il vero obiettivo è di aprire al cosiddetto oro bianco della Campania le porte del settore Ho.re.ca., ovvero ristorazione e catering favorendo l'ulteriore espansione del prodotto con le opportune garanzie produttive ma senza cambiare il disciplinare. È stata proprio l'esperienza del Covid a rendere più che mai attuale questa esigenza, rilanciando il tema di sempre: come coprire la distanza dai grandi e lontanissimi mercati internazionali con un prodotto che per le sua tipicità dev'essere comunque realizzato con latte fresco di bufala dell'area Dop. La strada è ormai tracciata da tempo, si tratta di renderla praticabile e di confermare la tendenza alla crescita che, come spiegato dal capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, non si è fermata nemmeno nell'anno più orribile della pandemia. 

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Già, perché ormai la Mozzarella di bufala campana Dop è uno degli assi portanti dell'agro-alimentare made in Italy, con una produzione pari al 74,3% del totale della mozzarella prodotta nel Paese ma, come detto, con una crescita decisamente superiore a quella vaccina o mista. Un trend che va sottolineato senza incertezze, se solo si considera che fino a qualche decennio fa si cercava di addensare ogni tipo di dubbio da parte di chi, soprattutto al Nord, non vedeva di buon grado la sua naturale, irresistibile espansione. Lo ricorda con l'abituale franchezza Antonio Limone, direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno che un ruolo nell'affermazione e nella difesa del prodotto campano lo ha svolto praticamente da subito. Proprio per questo non appare fuori luogo il suo accorato richiamo al dialogo sul fronte più delicato, la lotta per l'eradicazione della brucellosi dagli allevamenti che continua a creare tensioni e divergenze pur nella consapevolezza che non ha alcun impatto sulla sanità della produzione e sul consumo della Mbc Dop. «Siamo riusciti attraverso la tracciabilità del latte e l'impegno del Consorzio di tutela ad evitare che latte di provenienza semi-sconosciuta alterasse i prezzi e penalizzasse i produttori e i consumatori. Oggi c'è un cibo sano che si acquista anche in rete e che dopo la pandemia è ancora più ricercato: ma ora bisogna riavviare il confronto con gli allevatori perché bisogna liberare tutto il comparto da questa asfissia che è la malattia», dice Limone ricordando che 206 anni fa l'Istituto era nato proprio per combattere un'altra infezione, il vaiolo equino, riuscendo pienamente nell'obiettivo. Fare squadra, dunque, anche stavolta: e in fondo è quello che suggerisce anche Maurizio De Giovanni, testimonial appassionato e competente della mozzarella di Bufala campana Dop.

Serve uno scatto anti-individualismo, dice lo scrittore, perché questo è un patrimonio del territorio e di conseguenza non può che essere di tutti. 

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