Omicidio suicidio a Vairano Patenora: due colpi per disperazione, muoiono madre e figlio

L'arma usata per il gesto inaspettato regolarmente detenuta, paese sotto choc: non è una tragedia dell'abbandono

Il paese della tragedia
Il paese della tragedia
di Antonio Borrelli
Mercoledì 23 Novembre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 11:52
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Nessuno poteva aspettarsi un epilogo del genere. Neppure la famiglia Di Muccio, che in abitazioni vicine vive e abita via Greci, ai piedi del borgo medievale che svetta sulla vicina collina. Lungo la stretta e breve strada tutti si conoscono e tutti conoscevano Florinda Cappelli e suo figlio Antonio. Persone miti, che non avevano mai avuto problemi ma avevano condotto esistenze fatte di lavoro e affetti, come in molte famiglie delle piccole comunità del meridione. Ma quando vengono svegliati dal boato dei due colpi di pistola esplosi all'alba, anche i vicini capiscono che qualcosa di grave è accaduto.

È intorno alle 6.30 di ieri che accade tutto: Antonio Di Muccio, operaio agricolo di 48 anni, impugna una pistola pare detenuta irregolarmente ed esplode un colpo contro il petto della madre Florinda Cappelli, che muore sul colpo. Poi rivolge l'arma verso se stesso e preme ancora una volta il grilletto. Quando uno dei parenti entra in casa lo scenario che si palesa davanti agli occhi è atroce: i due corpi sono immersi in un lago di sangue. La ricostruzione dei fatti è al vaglio dei carabinieri della stazione di Vairano Scalo, guidati dal maresciallo Massimo Palazzo, in sinergia con i militari del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Capua, al comando del colonnello Paolo Minutoli. Nella piccola comunità di Vairano Patenora tutti si chiedono come l'uomo sia potuto arrivare ad un gesto del genere: e nessuno conosce la risposta. Come ogni giorno, anche ieri mattina Di Muccio si trova sul ciglio del letto della madre 84enne.

Lei è malata di cancro da tempo e ormai allo stato terminale.

Da circa dieci giorni neanche la morfina fa più effetto e il dolore trafigge l'anziana sempre più frequentemente. Non le resta molto - come concorda anche l'ex sindaco Bartolomeo Cantelmo che come medico l'assisteva ogni sera andando a visitarla a casa e provava a renderle gli ultimi giorni di esistenza il più possibile sereni. Ma ormai i suoi giorni sono lunghissimi e dolorosi. Forse in preda alla disperazione, forse per porre fine a quelle sofferenze, Antonio Di Muccio impugna l'arma e ammazza la madre, per poi morire proprio accanto a lei.

Quando aveva preso quella pistola? E perché? Sono domande che ribollono nella testa di parenti, amici e conoscenti. E il pensiero non può che andare alla premeditazione: Di Muccio si era procurato l'arma per uccidere la madre? Da quando stava pensando al folle gesto? Nessuno, al momento, può indagare con esattezza i risvolti psicologici dell'uomo.

Il profilo di Antonio Di Muccio racconta di un uomo mite ma non instabile, come spiega il sindaco Stanislao Supino: «Non era una persona pericolosa continua Supino -, piuttosto aveva un carattere debole, mite. Ma in ogni caso non aveva mai dato segni di instabilità». Era rientrato nel suo paese d'origine da circa cinque anni. In passato aveva lavorato a Torino come operaio metalmeccanico, ma in tempi recenti sbarcava il lunario come operaio agricolo nei terreni di proprietà e di tanto in tanto faceva il bracciante agricolo a chiamata. Florinda, anche lei ex bracciante agricola originaria di Pratella e da decenni residente a Vairano Patenora, aveva solo lui ad occuparsi della sua cura e della sua persona, il marito era morto da alcuni anni. Di Muccio viveva ormai in simbiosi con la madre, a lei è sempre stato molto legato ed è sempre rimasto in stretto contatto anche nel periodo di emigrazione in Piemonte. Il rapporto era però diventato qualcosa di diverso quando le condizioni della donna sono rapidamente peggiorate.

Per questo motivo anche il primo cittadino rifiuta la vox populi che ha interpretato l'accaduto come «tragedia dell'abbandono», puntando piuttosto alle difficoltà dell'uomo a gestire il dolore della madre: «Non era una famiglia abbandonata a se stessa. Erano persone integrate nella comunità e avevano una rete intorno a loro».

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