Domenica pomeriggio, quando i vigili del fuoco hanno varcato tra le fiamme l'ingresso atleti del glorioso Palamaggiò, non si sono ritrovati davanti solo l'incendio. Non dopo averlo spento quando, iniziati i sopralluoghi tecnici, si sono resi conto che i danni all'impianto di Castelmorrone non erano stati prodotti solo dal rogo doloso. Prima di appiccare le fiamme, qualcuno ha distrutto la teca del tunnel dove, dietro una parete di cristallo, erano conservati trofei e canotte, targhe e coppe, simboli di una storia, quella della Juvecaserta, che per ora non conosce eguali a sud di Roma. Vetri spaccati, e le targhe, le coppe e le magliette gettate alla rinfusa lungo il tunnel che rappresenta una sorta di galleria-palmares di ricordi, dove un tempo c'erano anche i quadri con le foto del presidente Maggiò scattate durante i cento giorni che servirono per ergere il tempio del basket che, domenica, ha rischiato di essere raso al suolo in pochi minuti da un incendio doloso.
Chi è entrato al Palamaggiò voleva produrre il maggior danno possibile. È questa l'unica certezza. Non un singolo innesco, ma almeno tre, e appiccati in diversi punti del primo piano dell'edificio retrostante il campo da gioco, sono stati individuati dai caschi rossi del dipartimento di Caserta. Le fiamme hanno poi distrutto gli uffici che furono del general manager della Juvecaserta, degli allenatori della squadra di basket e del capo della comunicazione. Danni provocati dal fuoco appiccato al materiale cartaceo e alle suppellettili, ma anche a una parte degli spogliatoi. Solo il tempestivo intervento dei vigili del fuoco, allertati da tre distinte telefonate partite da passanti che hanno notato il fumo e le fiamme fuoriuscire dall'impianto, hanno evitato danni peggiori. Chi è entrato nel Palamaggiò voleva distruggerlo.
Resta da stabilire se oltre alla ricerca delle responsabilità diretta, vale a dire la caccia ai piromani, va attivato un accertamento anche sulle responsabilità indirette. L'impianto di Castelmorrone è da anni sotto gestione fallimentare. Nel corso del tempo, sono stati incassati oltre centomila euro di fitto eppure il palazzetto è stato lasciato in condizioni di totale abbandono ed è risultato privo di qualsiasi sorveglianza. L'impianto elettrico era staccato - pare per proteggere la struttura da eventuali roghi da corto circuito, ironia della sorte - e le telecamere di conseguenza erano spente. Senza i filmati, e senza testimoni, l'indagine sarà difficilissima. Ma se è mancata la cura dovuta da chi è deputato alla gestione della struttura, è chiaro che gli inquirenti potrebbero aprire anche un secondo fascicolo d'indagine oltre a quello per incendio doloso. Al momento il Palamaggiò, acciaccato, annerito e violentato, è sotto sequestro. Si teme un'alterazione dello stato dei luoghi che potrebbe complicare, ulteriormente, le indagini.