Panoramica per Casertavecchia,
la lunga agonia degli alberi

Panoramica per Casertavecchia, la lunga agonia degli alberi
di Nadia Verdile
Sabato 31 Agosto 2019, 12:00
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Continua il crollo degli alberi lungo la panoramica per Casertavecchia. Ieri mattina un altro pino arso nell'estate 2017 è venuto giù. Se finora non ci sono state vittime è stata solo per buona sorte. Era fine agosto, Caserta bruciava, bruciavano le colline della città, bruciava Mezzano, bruciava Puccianiello, bruciava tutto intorno al bosco dell'Oasi di San Silvestro, bruciava la riserva di verde che gli incendi passati avevano salvato. Fiamme alte lambivano la strada che conduce a Casertavecchia, fumi densi raggiungevano i paesi limitrofi. Terreni di proprietà privata. Gli scheletri di quegli alberi arsi da una settimana di fuochi sono stati per quasi due anni in attesa di essere rimossi.
 
«Il Comune spiega Domenico Maietta, consigliere del quartiere tifatino -, passati i novanta giorni previsti dalla legge dopo gli incendi, si attivò subito con un'ordinanza nei confronti dei proprietari dei suoli affinché effettuassero la rimozione. Nessuno ha attuato le direttive. Passati i sei mesi in cui essi potevano agire si passò all'ingiunzione. Anche questa volta bisognò attendere, come per legge, altri sei mesi. Al silenzio dei proprietari il Comune avvisò che si sarebbe proceduto all'acquisizione dei terreni al patrimonio pubblico per poter procedere all'abbattimento».

Fu quella la mossa vincente e finalmente, nella tarda primavera, i proprietari comparvero e diedero inizio all'abbattimento degli alberi. Ora un'intera parte della collina è stata ripulita ma molti sono ancora gli alberi morti da abbattere e molti sono quelli pericolosamente in bilico sulla strada. Dall'ottobre 2017 il comune di Caserta, per volontà dell'allora assessora all'urbanistica Stefania Caiazzo, ha il suo Catasto delle aree percorse dal fuoco, uno strumento fondamentale per censire i terreni interessati dai roghi. «Il catasto continua Maietta - recepisce appieno la legge 353 del 2000, che prevede una serie di condizioni estremamente restrittive per il riutilizzo e la trasformazione dei suoli che hanno subito incendi. Ad esempio, è previsto che le zone boscate e i pascoli i cui suoli siano stati percorsi dal fuoco non possano avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È inoltre vietata per dieci anni, su tali suoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Per cinque anni, poi, sempre sui terreni interessati da roghi, sono vietate le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche. Stop per dieci anni, su questi suoli, anche alle attività di caccia e pascolo». Le leggi ci sono, gli strumenti pure ma il problema più grande resta il senso di responsabilità dei proprietari dei terreni a cui spetterà poi il rimboschimento che sarà un altro tema delicato. La legge prevede che dopo gli incendi venga ripiantumata la vegetazione preesistente ma tutti sappiamo che niente di più sbagliato sarebbe rimettere a dimora pini che nulla hanno a che vedere con la storia dei luoghi. Quelle colline dovrebbero ritornare macchia mediterranea e ospitare se non gli antichi querceti fruttuosi e sani oliveti.
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