Procura Napoli Nord, cancellieri
al collasso: «Meglio chiudere»

Procura Napoli Nord, cancellieri al collasso: «Meglio chiudere»
di Mary Liguori
Venerdì 15 Gennaio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 08:14
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«Non ci possiamo ammalare, dobbiamo rinunciare alle ferie: altrimenti gli uffici restano scoperti e ci denunciano per interruzione di pubblico servizio. Siamo al collasso: adeguare il personale o avere il coraggio di abbandonare questo territorio di fuoco». È la sintesi della protesta degli amministrativi della Procura di Napoli Nord, in sottorganico sin dal giorno dell’apertura del Palazzo di Giustizia di Aversa, che il 5 gennaio hanno protocollato una lettera alla Procura stessa in cui rivolgono un accorato appello al ministero della giustizia affinché vengano adeguati gli organici in servizio.

L’insufficienza numerica del personale al servizio dei trentun magistrati di Napoli Nord si traduce in un rapporto di due a uno, mentre nella maggior parte delle Procure sono cinque gli amministrativi al servizio di ogni singolo magistrato. In 55 hanno sottoscritto la lettera di denuncia, in pratica l’ufficio al completo. Ma al di là dei freddi numeri, bisogna vivere la situazione dal suo interno per spiegarsi i momenti di nervosismo che si vivono, quotidianamente, ai front office. La cabina di regia di un ufficio del genere ha da rispondere ogni giorno a decine di compiti. Per far fronte alle carenze, ci sono tre segreterie centralizzate al servizio dei pm. E se all’archivio lavora un solo operatore ormai anziano e prossimo alla pensione, e mancano commessi che fisicamente portino i fascicoli in udienza, al casellario giudiziario sono solo quattro le unità in servizio. C’è chi resta due o tre ore oltre l’orario di lavoro, chi si presenta in ufficio un’ora prima del dovuto; tutti, insomma, remano nella stessa direzione nel tentativo, ormai disperato, di non ingolfare gli uffici. 
 
C’è nervosismo negli stanzini del piano terra dove la luce è fioca come nelle segrete di un palazzo aragonese, qual è effettivamente la suggestiva ma inadeguata sede del tribunale, o negli uffici del terzo piano, dove spesso e volentieri gocciola sulle teste di pm e cancellieri e dove l’acqua spesso cade anche nella sala intercettazioni. È un miracolo che finora il server non sia andato in tilt cancellando dialoghi che costituiscono preziose prove di reati. Non mancano i blocchi telematici: la connessione è stata un problema per le videoconferenze fino a qualche anno fa, criticità poi risolte, ma i cortocircuiti di internet hanno mandato in tilt il sistema decine di volte da novembre a oggi: facile immaginare l’accumulo di migliaia di mail e le conseguenza del fenomeno della posta inevasa nel quinto ufficio giudiziario d’Italia che copre un territorio che sfiora il milione di abitanti.
 
«Fino a due anni fa gli Lsu costituivano un quarto delle forze in campo» dice uno dei dipendenti. «Quest’anno, con l’emergenza covid, abbiamo avuto un lavoratore socialmente utile al casellario, un altro paio in qualche sezione indagini; quattro impiegati all’ufficio dibattimento».

Tra cancellieri e assistenti prossimi al pensionamento, e decessi, la pianta organica - adeguata sulla carta ma non alle reali esigenze del territorio - va addirittura assottigliandosi. E molti degli amministrativi annunciano di essere pronti a chiedere il trasferimento.

«Siamo irresponsabili verso noi stessi, nel senso che le nostre vite sono rovinate da questo modo di lavorare, e siamo irresponsabili nei confronti delle collettività: in queste condizioni non c’è serenità e ciò a lungo andare ha ripercussioni sul servizio reso», denunciano. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, per la verità colmo da anni, è stato un ordine di servizio di qualche mese fa che, in una situazione già critica, ha finito per scombussolare ulteriormente gli equilibri dell’ufficio. Una riorganizzazione che somiglia «a una sorta di gioco delle tre carte» dicono gli amministrativi. «Molti di noi non sono di estrazione giudiziaria: il nostro è un esercito di Franceschiello schierato nella “striscia di Gaza” della Campania, si tira a campare - dicono - siamo 55 in tutto; di questi, sei sono confermati volta per volta. Per comprendere la gravità della situazioni basti pensare che Santa Maria Capua Vetere ha un carico inferiore del 50 per cento e il doppio degli amministrativi». Con l’effervescente clima politico nazionale è improbabile che una risposta dal ministero arrivi in tempi brevi. Men che meno un’azione concreta attesa, invano, da sette anni. 

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