Prof picchia autistico, i colleghi
lo coprono: gli alunni lo incastrano

Prof picchia autistico, i colleghi lo coprono: gli alunni lo incastrano
di Mary Liguori
Giovedì 18 Luglio 2019, 15:44 - Ultimo agg. 15:55
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Al giudice, Giuseppe non ha voluto parlare. Si è chiuso in se stesso, come forse avrebbe fatto qualsiasi adolescente umiliato dagli adulti che dovrebbero proteggerlo. Ma al posto suo hanno parlato i suoi compagni. E il coraggio dei ragazzini ha vinto sulla codardia degli adulti. Il gip ha creduto ai compagni di classe di Giuseppe (il nome è di fantasia) che hanno dato voce a quell’amichetto in difficoltà e lo hanno liberato dalle sevizie del suo insegnante. Proprio colui che avrebbe dovuto aiutarlo ad affrontare le giornate tra i banchi con agio e serenità, era diventato il suo aguzzino. E da ieri è agli arresti domiciliari, ché le violenze del prof non solo si sono consumate sotto gli occhi dell’intera classe, ma anche, in un’occasione, davanti alla madre del ragazzo, che ovviamente ha sporto denuncia. Non hanno invece ritenuto opportuno agire a tutela del loro alunno autistico almeno due insegnanti della scuola media Vanvitelli di Caserta. Entrambe, dicono i ragazzi, hanno visto cosa il prof faceva a Giuseppe. Ma non hanno mosso un dito. Una di loro, docente di matematica, avrebbe addirittura invitato i ragazzi a non «impicciarsi», ché quelli sono i «metodi» per trattare un ragazzo autistico. Racconti aberranti, tutti agli atti dell’ordinanza spiccata dal gip Rosaria Dello Stritto che ieri ha disposto i domiciliari per V. S., nato nel 1966 Brescia ma residente a Caserta.
 
Le violenze, oltre che dai compagni di classe e dalla madre della vittima, sono state certificate dalle indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Caserta, diretti dal maggiore Andrea Cinus. Sotto il coordinamento della Procura di Santa Maria Capua Vetere, coordinata da Maria Antonietta Troncone, i militari hanno blindato il quadro accusatorio. Che ha le tinte fosche di un professore che schiaffeggia, mette al muro, colpisce in testa un suo alunno, ma anche quelle opache di insegnanti che erano al corrente di cosa accadeva in quella classe ma non hanno mosso un dito per difendere Giuseppe. Ci hanno pensato i suoi amici, ci ha pensato sua madre che da marzo ha notato che Giuseppe a scuola non ci andava più con piacere anzi «dovevo tirarlo fuori dalla macchina per il braccio e quando gli chiedevo perché improvvisamente non volesse più andare in classe, rispondeva che preferiva che lo accompagnassi dal suo psicologo». Giuseppe ha chiesto aiuto così. E la sua silenziosa richiesta non è caduta nel vuoto. Sua madre si è accorta che era diventato aggressivo, improvvisamente scostante. Si è accorta che era cambiato. E poi ha visto che il prof, in gita, gli stringeva una mano al collo e quando lei si è avvicinata, ha finto di volerlo abbracciare. E’ stato il campanello d’allarme che ha fatto scattare l’inchiesta. E i domiciliari per il docente di sostegno. Sono i compagni di classe di Giuseppe a mettere, nero su bianco, l’accusa che il pm fa sua e i carabinieri provano con le telecamere nascoste in aula. Due ragazzine, in particolare, hanno riferito agli investigatori che il docente «colpiva a schiaffi sulla nuca Giuseppe, lo spinge nel muro, gli fa male e non si ferma quando il nostro compagno si lamenta»: i filmati provano che addirittura l’insegnante torceva il polso del ragazzo. Nei fotogrammi si vede l’espressione smarrita e dolorante della vittima.
 
Una scena che fa rabbia, tanta rabbia, come quella che hanno provato i suoi compagni di classe che, infatti, si sono rivolti agli altri insegnanti per fermare le violenze. «Due prof hanno più volte assistito a ciò che faceva il prof. S. Abbiamo chiesto loro di intervenire, ma l’insegnante di matematica ci ha detto di non impicciarsi, ché quello era il metodo di insegnamento. Noi non ci abbiamo mai creduto, perché il precedente docente di sostegno non trattava in quel modo Giuseppe: gli parlava dolcemente e non ha mai usato le mani». Anche i ragazzini, a leggere le conclusioni del gip, si erano resi conto di quanto di anomalo accadesse e, nel loro piccolo, hanno cercato di aiutare Giuseppe. Lo stesso non si può dire dei due prof i cui nomi compaiono agli atti d’indagine. Sapevano e hanno taciuto, un di loro ha anche cercato di zittire i ragazzi. Per loro non ci sono misure cautelari. Non dovranno rispondere a un giudice, solo alla loro coscienza.
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